Non è una soluzione definitiva. Ma il vaccino della poliomielite potrebbe rivelarsi come uno strumento efficace per bloccare temporaneamente il Covid-19. Almeno fino a quando non sarà disponibile un vaccino vero e proprio. È l’idea su cui sta lavorando negli Stati Uniti Robert Gallo, uno degli scienziati che negli anni Ottanta riuscì a isolare il virus HIV e identificarlo come causa dell’AIDS. Per tre decenni ha lavorato al National Institute of Health (NIH) alla periferia di Washington, il principale centro di ricerca sulla salute pubblica degli USA. In questa intervista ci spiega che dal sistema immunitario cosiddetto “innato” potrebbero arrivare reazioni utili a fermare il virus. Co-fondatore e direttore dell’Istituto di Virologia umana all’Università del Maryland e co-fondatore e consulente scientifico del Global Virus Network, il papà del virus anti-HIV ha coinvolto in questo suo progetto anche scienziati a Cleveland e a Buffalo. Gallo parla per la prima volta della pandemia alla stampa in Svizzera:
Professore, a che punto siamo nella lotta contro il coronavirus?
C’è molta incertezza al momento. Questo virus non è misterioso come l’HIV. Si mostra per ciò che è: altamente infettivo. Possiamo fermarlo? Di solito non è difficile trovare un vaccino contro infezioni virali acute, come morbillo, poliomielite, o anche influenza, che comunque cambia ogni anno. Stavolta non sono molto ottimista. Anzi, resto diffidente. Un vaccino potrebbe essere scoperto in un modo non tradizionale. Ma dobbiamo comunque sperare di trovarlo. Non ho molta fiducia sulle terapie di cui si sta parlando ora.
Per un vaccino però ci vorrà ancora tempo. Quanto?
Non è saggio fare previsioni. Spesso se ne fanno e si rivelano sbagliate. Quando ci sarà, lo vedremo. Per ora esistono vaccini sperimentali. In questo senso Donald Trump ha ragione e i suoi consiglieri si sbagliano. Lui ha detto 4 o 5 mesi. Vero: ci sono almeno 3 vaccini sperimentali, da Cina, Oxford, Germania. E ci saranno anche dagli Stati Uniti. Ne stanno emergendo parecchi.
In attesa di questo vaccino – da ovunque possa arrivare - lei cosa propone per combattere il coronavirus?
Credo si possa fermarlo già ora usando il vaccino orale contro la poliomielite. Le dico questo perché la risposta del cosiddetto sistema immunitario “innato” garantirebbe immunità, anche se non permanente ma almeno di alcuni mesi. Poi lo si potrebbe rinnovare una seconda volta, fino a quando non ci sarà un vaccino specifico. Stiamo davvero perdendo un’opportunità.
Quali vantaggi avrebbe questo approccio?
La gente pensa che il vaccino “vivo” per la poliomielite possa essere pericoloso. Non lo è affatto! È stato inoculato a miliardi di persone, non milioni. E senza complicazioni, che sono state registrate solo in casi rari ma con un sottotipo di vaccino che noi non usiamo. Non solo, ma se in Europa o in America siamo già vaccinati per la polio, come accade, virtualmente non ci sono possibilità di complicazioni.
Il virus finora ha provocato 250'000 morti nel mondo, di cui quasi 69'000 negli Stati Uniti.
Ma perché finora lei e i suoi collaboratori non ne avete proposto l’utilizzo?
Ne stiamo parlando da 9-10 settimane, per organizzarci. Qui in America occorre presentare prove scientifiche rigorose, invece di affrontare questa situazione come una pandemia e autorizzare la procedura. Noi stiamo seguendo tutti i passi necessari con l’Autorità americana del farmaco, che però questo rallenta il processo. È complicato. Ma è anche un’opportunità per imparare qualcosa sul sistema immunitario “innato”, un’area molto calda per la ricerca ma di cui si conosce ancora poco.
Perché il vaccino della polio dovrebbe funzionare contro il Covid-19? Quali basi scientifiche lo dimostrano?
Ce ne sono un sacco. Basterebbe solo leggere qualcosa al di fuori del proprio paese. Il vaccino per la poliomielite fu portato dal suo inventore Albert Sabin in Russia. Negli Anni Settanta i virologi Chumakov - marito e moglie – osservarono che attivava anche altri meccanismi protettivi, non solo contro la polio. È stato dimostrato ampiamente. Ora il figlio di questi scienziati lavora qui negli Stati Uniti, come dirigente dell’agenzia americana del farmaco. Mi ha parlato di questi studi e io da quel momento ho iniziato a promuovere questa idea.
Devo tornare a chiederle entro quando? A questo punto lei può fare previsioni…
Entro settimana prossima presenteremo la nostra richiesta per i fondi. Servono a pagare le persone che lavorano su questo. Sono coinvolti anche altri centri di ricerca a Buffalo e Cleveland. Il virus è presente, la gente lo capisce. E possiamo dimostrare che questo funziona. Lo sappiamo: è sicuro, costa poco e lo si può prendere con una pastiglia. Tutto qui. Credo possa essere di enorme aiuto. Lo spero e lo penso.
Professor Gallo, torniamo all’origine del virus. L’intelligence americana ha escluso sia stato creato dall’uomo in laboratorio, anche se nell’amministrazione Trump qualcuno insiste invece su questo.
Si può provare che non è stato creato dall’uomo. È sicuro. Basta sciocchezze sui social media. Non è stato creato da uno scienziato in laboratorio. È possibile – ma io non lo so – che possa essere sfuggito da un laboratorio durante una ricerca sul coronavirus dei pipistrelli. Non c’è dubbio che provenga da questo animale. Ma qualcuno era convinto che fosse stato deliberatamente manipolato in un laboratorio cinese. Questo non è vero.
Ma secondo lei c’è qualcosa che la Cina avrebbe potuto fare in modo diverso?
Sì, all’inizio il Governo è stato un po’ duro con gli scienziati, che hanno fatto un ottimo lavoro. Io l’ho detto subito: nella prima fase le autorità sono state repressive nei confronti degli scienziati, dicendo loro di non parlare del virus. Questo non va bene. E alla fine lo stesso governo l’ha dovuto ammettere. Ma all’i nizio non si è comportato bene, questo è fuori dubbio.
USA-Cina, toni sempre più accesi
Telegiornale 04.05.2020, 22:00
Donald Trump ha detto che la Cina poteva fermare il virus sul posto e non l‘ha fatto. Lei è d’accordo?
Non credo che avrebbero potuto farlo sul posto. Questo significherebbe chiedere troppo. Ma avrebbero potuto essere più trasparenti sul virus e dare così alle persone negli altri paesi una migliore opportunità di comprenderne in anticipo la portata.