Il 75% della varietà di colture agrarie, negli ultimi decenni, è andato perduto. A dirlo è la FAO, l' Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura. Motivo: le varietà locali, adattate per secoli ai singoli territori, sono state sostituite da poche altre, geneticamente uniformi e ad alto rendimento, da poter coltivare – grazie all’aiuto di pesticidi e fertilizzanti – in qualsiasi ambiente.
Il sistema agricolo è diventato così omogeneo e, di conseguenza, molto più vulnerabile a fattori esterni, parassiti o cambiamenti climatici. Un rischio di cui siamo consapevoli fin dagli anni ’70, quando – a causa dell’omogeneità della coltura – un parassita fungino riuscì a distruggere circa il 15% dell’intera produzione di mais degli Stati Uniti.
Di recente, istituzioni scientifiche, associazioni e contadini hanno iniziato a conservare i semi di specie rare, locali o a rischio estinzione, da poter reinserire nel loro habitat qualora fosse necessario. Nel tentativo di tutelare l’agrobiodiversità e il suo corredo genetico, sono nate le “banche del germoplasma”, e molti hanno reintrodotto antiche varietà tradizionali nei propri orti.
Marco Carlone - Daniela Sestito