Lo sciame virale che ha investito il pianeta nel 2020 colpisce anche con i propri strascichi: non solo decessi per SARS-CoV-2 con insufficienza respiratoria, non solo nuovi poveri schiacciati dalla crisi economica conseguente ai vari lockdown nazionali, ma anche un'esplosione di disagi psichici tra la popolazione di tutti i Paesi coinvolti, legati soprattutto alle restrizioni alla libertà di circolazione, il senso di precarietà, ma in particolare, il contatto prolungato con la sofferenza e la morte.
È questo il contesto in cui migliaia di medici e infermieri hanno lavorato per settimane negli ospedali di tutto il mondo, spesso con scarse protezioni e poche certezze sul comportamento della malattia. Tutto ciò li ha esposti alla sindrome da stress post traumatico, il cosiddetto burn-out, un fenomeno che all'ospedale di Lodi e Codogno, o più in generale in Lombardia, dove per primo il virus si è manifestato in Europa, hanno osservato da subito tra i loro operatori e stanno tuttora affrontando, per dare sostegno a quella che suo malgrado resta la categoria più colpita da questa pandemia.
Filippo Fiorini