Zenica, cittadina dell’entroterra bosniaco celebre per la sua tradizione mineraria, ospita ancora oggi una delle acciaierie più grandi della regione, un lascito del periodo jugoslavo. Dopo la guerra, l’impianto è stato acquisito dal colosso del metallurgico Arcelor-Mittal, proprietario anche dell’Ilva di Taranto.
Impiegando tecnologie ormai superate, questa fabbrica dà lavoro agli abitanti, ma a caro prezzo. In città l’aria è irrespirabile e l’acciaieria è la causa prima di questo inquinamento. A pochi km, sorge inoltre una centrale termoelettrica che inietta fumo nero nel cielo e polvere tossica nel terreno. “D’inverno si fatica a capire quando è giorno e quando è notte - spiega Mirha, professoressa di Kakanj - Qui la gente coltiva ortaggi contaminati, ma non lo sa”.
Il distretto di Zenica-Doboj è ritenuto uno tra gli esempi più significativi della grave emergenza ambientale in cui versa la Bosnia Erzegovina. Mentre la massiccia combustione di carbone e gli impianti industriali obsoleti pregiudicano la salute e il futuro dei cittadini bosniaci, l’inquinamento travalica inoltre i confini nazionali espandendosi in tutto il continente.
Simone Benazzo - Marco Carlone