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L'Europa, una terra di speranze affogate in mare

Ogni giorno, migranti, profughi e richiedenti l'asilo sfidano il Mediterraneo alla ricerca di un futuro migliore. La testimonianza di chi ci è riuscito

  • 21 aprile 2023, 05:54
  • 20 novembre, 11:30
06:50

Europa, terra di speranze

Italo Rondinella 21.04.2023, 05:58

Di: Italo Rondinella 

I riflettori dell’attenzione mediatica sul dramma delle morti dei migranti nel Mar Mediterraneo si accendono e si spengono ad intermittenza sulla base della gravità simbolica della tragedia o dell'ingente numero di morti di uno specifico naufragio. Ma questa ecatombe continua, che la si illumini o meno. Fu così quando fu ritrovato il corpo senza vita del piccolo Alan Kurdi sulla spiaggia di Bodrum in Turchia, il 2 settembre 2015. È così nuovamente a seguito del naufragio avvenuto a fine febbraio davanti alle coste calabresi presso la località di Steccato di Cutro nel crotonese. Sono morte 91 persone, 35 delle quali minori.

Cambiano i governi dell’Europa e cambiano le rotte verso l’Europa ma non cambia l’Europa.

Da quando nel 2019 Kyriakos Mītsotakīs è diventato primo ministro in Grecia, la rotta migratoria "breve" tra la costa turca e le isole del dodecaneso è diventata meno frequentata, a causa dei respingimenti da parte della Guardia Costiera ellenica. Secondo quanto riferitomi dall’ufficiale del comando regionale Egeo della Guardia Costiera turca, 18.000 migranti di diverse nazionalità sono stati respinti dagli omologhi greci nel 2022.

Ciò che resta di un naufragio: una barca utilizzata dai trafficanti per il trasporto di migranti sulla costa turca sudoccidentale, nei pressi della cittadina di

Ciò che resta di un naufragio: una barca utilizzata dai trafficanti per il trasporto di migranti sulla costa turca sudoccidentale, nei pressi della cittadina di

  • SHIPWRECK CRIME © Italo Rondinella

Ecco perché la rotta più lunga (una settimana di viaggio) che dalla costa turca, fiancheggiando l’isola di Creta, arriva in Calabria è sempre più battuta.

La già difficile situazione dei siriani, ancora alle prese con una interminabile guerra civile, si è aggravata a seguito del sisma che ha colpito, all’inizio di febbraio, il nord del Paese e il sud-est dell’Anatolia. Ciò sta complicando la convivenza in Turchia tra rifugiati siriani e la popolazione locale turca - impoverita da una profonda crisi economica.

Sono sempre più frequenti gli episodi di violenza generata dalla situazione di diffusa tensione. Poco più di un mese fa, otto cittadini siriani che tentavano di attraversare il confine sono stati catturati e torturati da tre soldati turchi al valico di frontiera nella regione di Hatay; due di loro, costretti dai militari a bere gasolio, hanno perso la vita. I sei superstiti sono stati rimpatriati in Siria.

Ciò che resta di un naufragio: un vestito femminile ritrovato sulla costa turca sudoccidentale, nei pressi della cittadina di Asso

Ciò che resta di un naufragio: un vestito femminile ritrovato sulla costa turca sudoccidentale, nei pressi della cittadina di Asso

  • SHIPWRECK CRIME © Italo Rondinella

Secondo il centro di documentazione sulle violazioni nel nord della Siria, il numero di siriani uccisi dalla gendarmeria turca dall'inizio della guerra (2011) ammonta a 555 persone, tra loro anche 103 minori e 67 donne. Il rapporto parla altresì di 2'295 persone ferite dai proiettili della gendarmeria mentre cercavano di attraversare il confine.

Inoltre, in periodo di campagna elettorale (a un mese dalle elezioni generali che potrebbero cambiare la guida del Paese), i migranti - e la promessa di liberarsene - sono un facile argomento di propaganda elettorale per quasi tutte le forze politiche in campo.

La Turchia è un luogo di transito o, molto spesso, di sosta forzata. Ci hanno raccontato la loro storia Rania Said Yousef, fondatrice di una ONG siriana basata a Gaziantep e Qalaq un giovane di Latakia che ora vive in Olanda e che, a 18 anni, intraprese il rischioso viaggio per mare.

Ma a sognare di raggiungere l’Europa (a tutti i costi) non sono solo cittadini siriani in fuga dalla guerra ma anche palestinesi, spaventati da una crescente violenza in Israele, libanesi, annichiliti da una delle peggiori crisi economiche e sanitarie di sempre, afghani, pakistani, yemeniti, congolesi, nigeriani, eritrei, somali, sudanesi …

Per tutte queste donne e questi uomini, senza una precisa identità e senza una prospettiva di futuro, l’Europa rappresenta l’unica terra di speranze (che troppo spesso affogano in mare).

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