Settant'anni fa l’India diventava indipendente. Uno stato secolare, laico e non confessionale, questa la descrizione nella costituzione del 1947. L’articolo 48 prescriveva la protezione della vacca, ma lasciava poi ai singoli Stati il compito di scandire in dettaglio queste leggi. Negli ultimi anni, sempre più Stati indiani hanno varato leggi restrittive in merito al macello delle mucche e al consumo di carne bovina. Oggi, in India, sono 24 su 29 gli Stati che proibiscono di uccidere le mucche, i tori e i vitelli.
È però soltanto con l'attuale premier Narendra Modi che i gruppi pro-vacche hanno cominciato ad attaccare camion che trasportano bestiame da uno Stato all’altro, causando vari incidenti in cui i trasportatori spesso trovano la morte. In contraddizione con tutto ciò, l’India oggi assurge a numero uno tra gli esportatori di carne bovina - anche se non si fa distinzione tra manzo e bufalo, e la maggior parte della carne esportata comunque è bufalo. E i proprietari delle case di macello autorizzare sono, per lo più, loro stessi indù.
L’ India è anche al quinto posto per consumo: il manzo (o bufalo) finisce nei piatti di musulmani e cristiani, oltre alle popolazioni tribali animiste. La concentrazione di mangiatori di carne rossa si trova nel Nord Est, in Kerala e a Goa. E non è un caso che negli ultimi due Stati il BJP (Bharatiya Janata Party) non abbia chiesto una messa al bando, perché sarebbe andato contro le abitudini alimentari di una gran fetta di popolazione, cristiana.
La campagna anti-carne
In molti sottolineano come questa campagna sia essenzialmente politica, una politica contro la minoranza musulmana, che non solo si nutre ma lavora nella catena produttiva derivata dalla mucca: dalle pelli ai saponi, alla carne appunto. Una politica che mira a dividere lungo linee religiose e a mettere una comunità contro l’altra. Una politica obbligata, secondo molti osservatori, perché il partito di Modi, il BJP, ha la sua base tra i militanti indù del gruppo RSS (Rashtriya Swayamsevak Sangh), un movimento estremista che vuole un paese dominato dalla religione indù.
La questione delle vacche sacre non è che una delle faglie che l’India moderna mostra 70 anni dopo l'indipendenza. La divisione tra caste, il soggiogamento delle classi più basse, degli intoccabili, gli attacchi ai diritti delle minoranze, delle popolazioni tribali, il conflitto sempre attivo in Kashmir, tutto questo fa parte delle rughe evidenti di un paese che fatica a restare unito.
E quale strada prenderà l’India lo si vedrà meglio nelle prossime elezioni generali nel 2019.
Chiara Reid