E' il 7 marzo del 2008. Una data storica per il Ticino: in risposta alla conferma dei piani delle FFS di chiudere le Officine di Bellinzona, gli operai entrano in sciopero. Ci restano per 33 giorni, supportati dal sostegno della popolazione e della politica. Lo slogan "Giù le mani dalle Officine", emblema di resistenza e di lotta, diventa un'iniziativa per la quale vengono raccolte quasi 15'000 firme. E dallo sciopero le Officine escono addirittura rafforzate: con un piano di rilancio e la promessa dell’istituzione di un Centro di competenze in ambito ferroviario.
Da quel 7 marzo sono passati quasi 11 anni. Ma le cose sono andate molto diversamente: FFS, Cantone e Città di Bellinzona, nel frattempo hanno siglato una dichiarazione di intenti che per creare nuovo stabilimento a Castione con circa 230 posti di lavoro e un parco tecnologico con una zona residenziale nel sedime attuale in centro. Un investimento di 360 milioni, di cui 120 a carico di Cantone e Città.
Il 22 gennaio il Gran Consiglio ha approvato il credito di 100 milioni, al quale si sommano i 20 stanziati dalla Città. E il 20 febbraio il Parlamento ha bocciato l'iniziativa "Giù le mani dalle Officine": per la maggioranza dei deputati si tratta di un atto "superato dagli eventi". Sull'iniziativa si andrà dunque a votare, verosimilmente il 19 maggio.
E oggi dunque cosa resta di quella battaglia? Di quella ribellione per la salvaguardia di posti di lavoro in una regione periferica? Lo abbiamo chiesto al leader storico di quello sciopero, Gianni Frizzo, il simbolo della lotta delle Officine Cargo di Bellinzona. La risposta? I posti di lavoro. E il dolore per il "tradimento" di istituzioni ed FFS. Ma anche un filo di speranza.
Joe Pieracci