Prima che lo Stato islamico (IS) conquistasse Mosul, il 14 giugno 2014, Zaynab Yaseen, 30 anni, era un’ingegnera informatica. Aveva studiato a Mosul, nell’università pubblica irachena più prestigiosa dopo Baghdad. Per tre anni, per tutta la durata dell’occupazione della sua città da parte dello Stato islamico, Zaynab è rimasta in una minuscola casa, insieme alla madre, al padre, al fratello e alla famiglia delle sue sorelle. "Abbiamo sofferto molto. Le mie sorelle erano dottoresse, ma sono state costrette a smettere di lavorare. Io dovevo essere sempre accompagnata da mio fratello ed ero obbligata a indossare il niqab (il velo integrale). Quando ricordo quei momenti penso a quanto è stato difficile, ma - prosegue - grazie a Dio siamo ancora vivi".
Oggi, nel quartiere popolare di al-Qahirah, a est di Mosul, Zaynab coordina un progetto di salute mentale e di sostegno psico-sociale rivolto alle donne, vittime di violenza di genere, finanziato e supportato dall’ong italiana Un Ponte Per e dal Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP). "L’obiettivo del progetto è aiutare donne vittime di violenza di genere, che lottano nella loro vita o che soffrono di abusi psicologici o fisici. Noi siamo qui per loro, offrendo servizi medici, psichici, consulenze individuali e attività di gruppo. È importante coordinare questo progetto a Mosul, perché molte persone hanno sofferto, soprattutto le donne".
Sara Manisera