Un tempo Mitrovica, nel nord del Kosovo, era una città plurale. Quartieri misti, condomini misti. Serbi e albanesi vivevano insieme, senza troppi problemi. Le industrie minerarie “Trepca”, tra le più grandi dei Balcani, garantivano lavoro a tutti. Poi venne la crisi della Jugoslavia, nel 1989. I rapporti iniziarono a guastarsi. Dieci anni dopo, la guerra. E della vecchia Mitrovica nulla più rimase: i serbi si trincerarono sulla sponda nord dell’Ibar, il fiume che scorre nella città. Nacque una città nella città. E così avvenne sulla sponda sud, dove sorse la città albanese. Il principio della separazione etnica trovò qui una sua perfetta applicazione.
Da allora, poco o nulla è cambiato. Serbi da una parte, albanesi dall’altra. Spaccatura totale, a parte qualche enclave albanese sulla sponda nord. Su quella sud, ci risiedono appena due famiglie serbe. Poi ci sarebbero le minoranze, soprattutto quella rom. Ma sono “dimenticate”.
I tre ponti di Mitrovica
A Mitrovica ci sono tre ponti, ma in pochi li attraversano. Prevale ancora la diffidenza. Pesa la memoria di un passato conflittuale e traumatico. Eppure ci sono delle eccezioni. Una è rappresentata dagli studenti dell’
International Business College. Fino allo scorso anno accademico gli studenti serbi frequentavano le lezioni nel campus nord; quelli albanesi in quello sud. Stessi corsi, ma in momenti distinti.
Da quest’anno, la rivoluzione. Non ci sono più corsi separati. Tutti nella stessa aula, serbi e albanesi insieme. Era previsto da statuto, ma c’è voluto del tempo per imporre questo cambiamento. “All’inizio abbiamo fornito un servizio navetta per portare i ragazzi da sud a nord, perché temevamo che per qualcuno spostarsi dall’altra parte della città potesse essere un problema. Dopo due settimane, il servizio è cessato. I ragazzi vanno da un campus all’altro, senza problemi. Sono stati dei grandi”, afferma il direttore del College, Brian Staines.
“All’inizio c’era un po’ di paura, ma ora abbiamo imparato a conoscerci. Non ci sono problemi, si va d’accordo e passiamo anche del tempo insieme, fuori dal College”, racconta Leila Mziu, una studentessa.
Matteo Tacconi