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Quando il bullismo va in rete

Sempre più diffuso fra i ragazzi, anche in Svizzera, il fenomeno del cybermobbing. Le vie per prevenirlo e combatterlo

  • 9 giugno 2020, 05:38
  • 19 luglio 2023, 07:22
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Il diffondersi del cyberbullismo: le considerazioni di Sharmila Egger, pedagogista dei media

RSI - Anna Maria Nunzi/editing ARi 09.06.2020, 07:30

Tutta la Svizzera rimase sotto shock dopo la tragedia della giovanissima Céline, morta il 28 agosto del 2017. Aveva 13 anni quando si tolse la vita, nella sua casa di Spreitenbach, nel canton Argovia, sotto il peso del bullismo subito su Instagram e Snapchat. Il processo legato al suo suicidio si è concluso, lo scorso febbraio, con la condanna di un 17enne che, all'epoca dei fatti, aveva fatto circolare immagini compromettenti ottenute dalla ragazza.

Un fenomeno che prende piede

Una vicenda dall’epilogo tragico che impone di riflettere. Stando allo studio Pisa gli allievi svizzeri sono quelli che a livello europeo più spesso si sentono vittime di cybermobbing. “E’ un fenomeno sempre più diffuso, che non va sottovalutato. Nelle vittime provoca innanzitutto molta vergogna; ma infligge anche ferite psichiche che nei casi più gravi possono indurre disturbi del sonno, depressione e portare perfino al suicidio” ci spiega Sharmila Egger. La pedagogista dei media lavora per l’Associazione “Zischtig.ch”, che da 12 anni organizza corsi e workshop in molte scuole della Svizzera tedesca, per sensibilizzare i bimbi già partire dalla scuola dell’infanzia sui rischi e i pericoli di web e social media, come il cyberbullismo, i diritti di copyright o la dipendenza da Internet.

Sharmila Egger, pedagogista dei media, è attiva presso l'associazione Zischtig.ch, che ha sede nel canton Zurigo

Sharmila Egger, pedagogista dei media, è attiva presso l'associazione Zischtig.ch, che ha sede nel canton Zurigo

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Stando al Piano di Studio 21 anche i docenti della scuola dell’obbligo devono trattare il tema dell’educazione digitale. “
Ma quel che vien fatto a scuola non basta”, afferma Egger. "
Noi approfondiamo la tematica e con noi che veniamo da fuori, i ragazzi si aprono più facilmente e ci fanno vedere quello che scrivono o pubblicano nelle chat. Non di rado si tratta di contenuti violenti e crudi, che non vorrebbero mai che finissero sotto gli occhi del loro docente e che questi sicuramente non vorrebbe mai vedere.” La pedagogista insegna agli scolari ad usare internet e i social in modo sicuro e nelle sue lezioni oltre che di bullismo discute sempre più spesso anche di contenuti pornografici, che non dovrebbero mai circolare in rete.
“Nel nostro lavoro di prevenzione” , aggiunge,
"a bimbi e adolescenti non di rado mi capita di dire: attenti a ciò che fate su whatsap e snapchat, perché la diffusione di certi video o immagini intime di bambini e adolescenti su Internet è illegale.”

Lottare contro l'indifferenza

Quello che più colpisce Sharmila Egger è l’indifferenza che provano molti ragazzi quando, navigando s’imbattono in episodi di cyberbullismo. “Anche quando ci troviamo di fronte alle peggiori diffamazioni e denigrazioni e foto compromettenti", spiega, "a dipendenza di che ne è l’autore, spesso mi sento dire, ma è solo una presa in giro, una cosa che assolutamente non va presa sul serio!”

Stando alla pedagogista l’aspetto più subdolo del cyberbullismo è il fatto che nello spazio digitale è spesso anonimo e che contrariamente a quello classico non è legato al luogo e al tempo e non ha dunque limiti. Nella sua attività insegna anche alle vittime a fare degli screenshot degli schermi e a documentare i fatti, così da poter reagire e segnalare l’autore al gestore del sito o della applicazione affinché lo blocchi.

Il ruolo determinante di genitori e adulti

E cosa possono fare i genitori? Molto spesso le giovani vittime, risponde Egger, non si confidano con loro. Devono esser vigili, osservare eventuali cambiamenti di comportamento dei figli. E se dovessero confermarsi i sospetti di mobbing dovrebbero subito contattare la scuola e nei casi più gravi anche consultori specializzati o servizi di aiuto alle vittime di reati.

Il bullismo e il cybermobbing sono delle piaghe che vanno combattute da scuola, famiglie e associazioni che si occupano del tema. Sono però anche gli adulti – ricorda la pedagogista -che devono dare il buon esempio e fare attenzione a non diffondere il linguaggio dell’odio.

Anna Maria Nunzi

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