Amati e odiati. I tassi d’interesse vicini allo zero percento, o in alcuni casi, come la Svizzera, addirittura sotto lo zero, da una parte fanno gioire chi vuole realizzare il sogno di una casa propria oppure quelle aziende che hanno bisogno di capitali che vedono la possibilità di finanziarsi quasi gratuitamente.
D’altra parte però ci sono le banche, che sul differenziale tra i tassi d’interesse pagati ai clienti e quelli fatti pagare dai debitori, fondano molto del loro modello d’affari. Per loro la situazione è meno rosea. Siccome sarebbe estremamente controproducente far pagare gli interessi negativi ai clienti che depositano i loro averi, perlomeno i clienti non facoltosi, ecco che il differenziale tra quanto pagato sui depositi e quanto ricevuto dai prestiti si è sempre più assottigliato, riducendo i ricavi in questo settore.
I bassi tassi d'interesse rappresentano un problema non da poco per le casse pensioni
Per non parlare delle
casse pensioni, le quali sono obbligate a garantire un reddito minimo in franchi svizzeri. E con le obbligazioni della Confederazione che non pagano quasi nulla e i rischi che ci si deve assumere per garantire questo reddito minimo, ecco che i tassi bassi sono un problema non da poco.
Allora, i tassi devono salire o no? Le correnti di pensiero sono divergenti, ma tutto sommato si può tranquillamente affermare che dei tassi d’interesse un po’ più alti non danneggerebbero troppo nessuno e aiuterebbero altri.
Parola d’ordine: normalizzazione
Questo termine lo si sente spesso in relazione alle politiche monetarie delle banche centrali. Normalizzazione, significa, prendiamo il caso svizzero, dei tassi d’interesse positivi. Attualmente le banche, le assicurazioni e altri enti pagano alla Banca Nazionale lo 0.75% sui loro depositi. Insomma, si paga per tenere i soldi in banca. Come detto questa situazione non può ripercuotersi sui clienti delle banche commerciali, pena la perdita dei clienti.
Thomas Jordan, presidente di direzione della BNS
Questa situazione dura da qualche anno, anche a livello europeo, dove i tassi negativi sono allo 0,40%. Se in Svizzera i tassi negativi erano giustificati dalla forza del franco, quindi si doveva disincentivare l’acquisto della nostra valuta, per quel che concerne l’Europa i motivi erano legati al momento economico difficile e la mossa era volta a spingere le banche a concedere crediti piuttosto che pagare per tenere i danari nei forzieri della BCE.
Mario Draghi, governatore della Banca centrale europea
Oggi il
franco svizzero non è più così forte e l’economia europea sta vivendo un ottimo momento. Di conseguenza secondo alcuni esperti non si giustificano più alcune delle misure messe in campo. Anche se vi è una differenza sostanziale tra le motivazioni svizzere e quelle europee, è improbabile che la Banca Nazionale inizi ad aumentare i tassi d’interesse prima della Banca Centrale Europea. Naturalmente se la situazione attuale rimane tale. Certo, se il cambio euro franco dovesse arrivare a 1 e 50 le cose cambierebbero, ma questa prospettiva è poco attuale.
Casa dolce casa
È il sogno di molti: avere la propria casa di proprietà. In Svizzera i costi sono sempre stati molto elevati, soprattutto per quel che riguarda il terreno vista la scarsa disponibilità.
Ma i tassi d’interesse così bassi hanno favorito la realizzazione di questo sogno. E il volume delle ipoteche in Svizzera ha raggiunto i 1000 miliardi di franchi. Una cifra impressionante, se si pensa che il prodotto interno lordo è di circa 660 miliardi. Come dire, il rapporto debito/PIL per quel che riguarda le ipoteche è del 151%
L'evoluzione del volume dei prestiti ipotecari e degli altri crediti in Svizzera
Una massa enorme di prestiti concessi a famiglie e aziende. Se i tassi dovessero iniziare a salire, ci sarebbe da preoccuparsi? Secondo
Donato Scognamiglio, professore all’Università di Berna e direttore di una società di studi immobiliari a Zurigo, bisogna stare attenti
“Abbiamo visto negli ultimi anni aumenti del 4-5% all’anno delle ipoteche, che corrispondono oggi come oggi a circa 100'000 franchi a testa per ogni residente” dice Scognamiglio
Donato Scognamiglio, esperto delle dinamiche del mercato immobiliare e docente presso l'Università di Berna
Una montagna di debito, come detto, che rischia di finire come negli Stati Uniti, nel 2008, con i cosiddetti mutui subprime, concessi con generosità a persone che poi non sono riuscite a ripagarlo? “Spero di no” dice Scognamiglio “ci sono effettivamente società che concedono crediti che possiamo definire subprime, ma non a livello bancario. Le banche sono molto più attente”.
Comunque sia dalla Banca Nazionale che dalle banche arrivano voci rassicuranti. Il debito è alto, ma non si devono temere disastri come quelli del 2008.
Non “se” ma “quando”
Oggi come oggi la domanda non è se i tassi saliranno, ma quando. Nei prossimi mesi ogni parola detta dalle banche centrali sarà pesata, misurata e vagliata dai mercati. Già la Banca Nazionale Svizzera non parla più franco sopravvalutato ma di quotazione elevata: quindi prepara il terreno ad una normalizzazione, ovvero ad un’uscita graduale dai tassi negativi. Secondo gli analisti in Svizzera dovremmo tornare a tassi positivi verso la fine del 2019.
La sede della BCE a Francoforte
Discorso analogo per la Banca Centrale Europea. Da diverso tempo da Francoforte ci si prepara alla fine del cosiddetto
Quantitative Easing, ovvero l’acquisto di titoli, prevalentemente di Stato, per immettere liquidità nell’economia. Anche qui è una questione di parole. Nei discorsi di Mario Draghi si parla di “crescita economica” non di “ripresa economica”. E anche in questo caso si parla di fine 2019 per rivedere tassi positivi.
Una cosa è certa. Il fatto che i tassi risaliranno è assodato. L’unica cosa da evitare è che questo avvenga in modo rapido. L’economia ma anche le famiglie devono avere il tempo di reagire e pianificare al meglio il futuro.
Marzio Minoli