C'è una contraddizione almeno in parte inspiegata nelle statistiche svizzere sulla donazione di organi: l'85% della popolazione la vede con favore ma ciononostante siamo fra i paesi "meno generosi" d'Europa sotto questo profilo (i ticinesi sono un po' l'eccezione). Nel 2016 sono stati prelevati dopo la morte cerebrale gli organi di 111 persone decedute, 13,2 ogni milione di abitanti, la metà circa rispetto a paesi vicini come Francia, Austria e Italia, un terzo del record della Spagna.
Donatori dopo il decesso per milione di abitanti: la Svizzera a metà classifica a livello mondiale, nell'ultimo terzo in Europa. Clicca per aprire la graduatoria. Dati del 2013
A fine giugno di quest'anno 1'502 persone erano in lista d'attesa per uno o più organi e nel 2016 in 78 sono morte senza averlo ricevuto. Sono numeri che fotografano una disponibilità insufficiente, di che riaprire il dibattito sul modello in vigore: un'iniziativa lanciata il 17 ottobre chiede di passare dal consenso informato (esplicito), oggi richiesto, al consenso presunto (altrimenti detto modello dell'opposizione o del silenzio assenso). Diventerebbe donatore chi non ha espresso una volontà contraria. La panacea per tutti i mali?
L'evoluzione delle liste d'attesa
Lista d'attesa, trapianti e decessi in Svizzera nel 2016
Un dato balza all'occhio: solo un'infima minoranza dei prelievi avviene con l'assenso documentato della persona deceduta. In altre parole, sono in pochi a compilare la tesserina di donatore. "Abbiamo difficoltà anche nel formulare il cosiddetto testamento biologico", conferma Roberto Malacrida, medico, già professore di etica a Ginevra e Friburgo e vicepresidente della Commissione di etica clinica dell’EOC. "Questo perché non è semplice e perché ci ricorda che non siamo immortali".
Nella maggioranza dei casi, i medici devono rivolgersi alla famiglia, chiamata a interpretare e riferire "non la propria volontà, ma quella del defunto". Nei media oggi si parla di trapianti "più spesso di 30 anni fa" e questo stimola il dialogo con le persone a noi vicine, sottolinea Malacrida, ma i numeri dicono anche che in 6 casi su 10 i famigliari sollecitati dai medici rispondono negativamente. La metà delle volte lo fanno perché non conoscono la volontà del parente. Se ne parla di più dunque, ma, sembrerebbe, non ancora abbastanza.
L'evoluzione delle donazioni di organi
Cambiare modello allora? Ha funzionato statisticamente in Belgio ma è stato controproducente in Danimarca. In Australia e Stati Uniti è addirittura il passaggio al consenso presunto che ha aumentato il tasso di donazioni, ricordava la Commissione nazionale d’etica in materia di medicina umana nel suo parere (negativo) espresso nel 2012.
Gli organi trapiantati in Svizzera
Ci sono argomenti pro e contro: Malacrida, "da sempre partigiano del consenso informato", ritiene che questo protegga meglio l'autodeterminazione della persona. "Si potrebbe anche dire - aggiunge però- che la morte di pazienti e i costi, superiori per la dialisi che per il trapianto, costituiscano un problema per la collettività e che quindi lo Stato debba poter intervenire per una soluzione più efficace". Senza arrivare a cambiare il modello, suggerisce Malacrida, il tasso potrebbe aumentare se la Confederazione, che a lungo ha tenuto una posizione aperta all'informazione, ma sostanzialmente neutrale rispetto alla donazione di organi, decidesse di schierarsi apertamente a favore.
Stefano Pongan
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