Reportage

Uvalde, un anno dopo la strage

Reportage dalla cittadina del Texas dove un anno fa 19 bambini e due docenti vennero uccisi a scuola

  • 24 maggio 2023, 06:00
  • 15 febbraio, 06:35
L’esterno della Robb Elmentary School di Uvalde

L’esterno della Robb Elmentary School di Uvalde.

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Di: Massimiliano Herber (con Mark Yates)

I girasoli davanti alle ventuno croci sono freschi. Un operaio del dipartimento dei trasporti di Uvalde viene regolarmente davanti alla scuola a fare ordine tra i souvenir, biglietti e omaggi floreali che da un anno ricordano le vittime della sparatoria. La scuola elementare Robb è chiusa da quel 24 maggio. Verrà abbattuta, ci è stato detto, per far posto a una nuova sede, forse. Dei teli neri, come un cantiere, coprono la vista dell’edificio ai passanti. All’ingresso si intravvede la vecchia insegna: "Welcome! Bienvenidos!", anche se qui l’unico viavai pare essere quello di giornalisti e cameramen.

Il luogo di raccoglimento per i famigliari delle vittime è "la Plaza", il centro di questa cittadina texana. Fino a mezzogiorno, è facile imbattersi nei genitori o nei parenti di uno dei diciannove bambini uccisi: il tempo di una preghiera, di un pensiero, di portare una nuova decorazione, e di rendere più bello il triste memoriale. Ci sono i nomi e i volti e si immaginano le vite, le passioni: la palla di softball, una piccola torre Eiffel, un bambolotto dell’uomo-ragno. Ogni tanto passa un viandante; Raul e Maria Ramirez abitano a una sessantina di miglia, a Eagle Pass, e ogni volta che vengono a Uvalde si fermano, “È un monito”, dice lui, “Non fa che accrescere l’odio per le armi”, aggiunge la donna che dopo tanto tempo fa ancora fatica a nascondere la propria incredulità.

Le insegne all’esterno di case e negozi poste all’indomani della strage

Le insegne all’esterno di case e negozi poste all’indomani della strage.

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Murales e graffiti dipinti da artisti locali raffigurano i volti delle vittime lungo le vie del centro cittadino. Sulle vetrine dei negozi, un po’ sbiadita, vi è la scritta “Uvalde Strong” (“Uvalde è forte”), sprone e invito alla solidarietà in una comunità che il lutto e la tragedia avevano unito un anno fa. “Non c’è più un’Uvalde forte, - afferma triste Dora, la nonna di Amerie Joe - ci sono solo 21 famiglie che si battono affinché i loro figli abbiano giustizia”. Il senso di abbandono dei famigliari delle vittime è cresciuto a dismisura dopo che le indagini avevano evidenziato come la polizia locale avesse tardato ad agire, aspettando 77 minuti prima di fare irruzione nella scuola dove un diciottenne, un ex allievo, armato fino ai denti, aveva già aperto il fuoco all’impazzata contro bambini e bambine. Solo il Capo della polizia è stato sostituito, nessun’altra misura disciplinare. A novembre, alle elezioni amministrative, la vecchia giunta è stata confermata. “Non è cambiato molto, spiega laconico Daniel (n.d.r.: ristoratore che avevamo incontrato già l’anno scorso), l’unica differenza è che Uvalde è piena di agenti statali, gli State Troopers, che presidiano le scuole perché nessuno in realtà si fida più dei poliziotti locali”.

Le insegne all’esterno di case e negozi poste all’indomani della strage

Le insegne all’esterno di case e negozi poste all’indomani della strage.

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Il negozio dove l’autore della strage acquistò il fucile d’assalto per celebrare il 18esimo compleanno è aperto come sempre. Il viavai davanti all’Oasi per l’aperto (“Outdoor Oasis”, il nome del grande commercio di armi e articoli da campeggio al cui interno vi sono pure un bar e un autolavaggio) è il solito. Nessuno vuole parlare coi giornalisti e il proprietario dell’esercizio ha declinato la nostra richiesta di intervista. Il tema armi qui in Texas è tabù. Anche il pastore della chiesa battista locale, pastor Carlos, evade la risposta: “La preoccupazione più grande è che si possa pensare che un evento del genere possa riaccadere, quindi la cosa più importante è garantire la sicurezza delle scuole…”. Gli unici che affrontano il problema della proliferazione di pistole e fucili e della facilità del loro accesso sono i famigliari delle vittime. Sandra Torres, mamma di Elihana, ha denunciato tutti: il produttore del AR-35, l’arma semiautomatica; la rivendita di armi cittadina; la città e la contea di Uvalde per la gestione dell’emergenza e il Dipartimento di polizia per il mancato e tardivo intervento. “Nulla ci ridarà i nostri bambini - dice ancora in lacrime – ma loro comunque meritano, Elihana merita giustizia”.

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Sandra Torres, madre di Elihana.

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La vita dei genitori, molte famiglie monoparentali, è tragicamente cambiata da quel giorno. Per alcuni di loro la tragedia è stata l’inizio di una missione, la metamorfosi in un attivismo politico che ha dato un’imprevedibile energia ed audacia a madri e padri. Alcuni – come Brett, il papà di Uziyah – si sono fatti promotori di un’iniziativa al Congresso texano per alzare l’età da 18 a 21 anni per acquistare armi, altri – come Kim, la mamma di Lexi – si sono ritrovati a fare più volte la spola con Washington per promuovere al Congresso americano il bando delle armi d’assalto.

Brett Cross, padre di Uziyah

Brett Cross, padre di Uziyah.

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Portano la forza della loro testimonianza, ma la loro capacità di persuasione non è solo in nome del loro dolore. Brett ammette come la vita sia divenuta “incasinata”, ma spiega che la sua sola responsabilità è “fare il possibile che nessun altro genitore debba unirsi a questa lotta, affinché nessun altro bambino venga ucciso nella sua scuola”. Kim – invece –a dispetto del fisico minuto è colei che più si è spesa pubblicamente contro le armi; la sua tenacia colpisce, la sua forza sorprende, ma lei – serissima – mi corregge: “Non credo di essere forte, la maggior parte del tempo mi sento debole… faccio il possibile perché Lexi non sia dimenticata, è la mia grande responsabilità… i giorni in cui non ce la faccio a parlare o a viaggiare a Washington o a Austin è lei, è lei il motivo per cui lo faccio”.

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Kim Rubio, mamma di Lexi.

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Prima o dopo le interviste, c’è sempre un momento in cui i genitori mostrano le fotografie dei loro bambini e si abbandonano ai ricordi. È facile commuoversi, si è tentati di spiegare con un vuoto da riempire tanto attivismo o, invece, è solo il rendersi conto, un anno dopo, che non si smette mai di essere padri e madri.

Mercoledì sera al Telegiornale il reportage da Uvalde, Texas

Testimonianza: la madre di una vittima a Uvalde

Telegiornale 08.05.2023, 20:00

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