Salute

“I vaccini? Un aiuto, non la soluzione contro il cancro”

La sperimentazione di un farmaco a mRNA contro il tumore ai polmoni ha destato speranze - Il professor Franco Cavalli spiega i limiti di questa terapia

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Il laboratorio della BioNTech a Mainz (Germania), dove si sviluppano i vaccini mRNA.JPG

Il laboratorio della BioNTech a Mainz (Germania), dove si sviluppano i vaccini mRNA

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Di: Stefano Pianca

“La speranza è che impedisca al cancro di tornare”. A parlare così è Janucz Racz, il paziente numero uno dei circa 130 che parteciperanno alla sperimentazione del primo vaccino contro il cancro ai polmoni. Il test sul BNT116, così è stato chiamato il vaccino a mRNA sviluppato dall’azienda germanica BioNTech contro il carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC), si trova in fase 1 e per giungere a un’eventuale terapia ci vorranno ancora anni. Lo studio clinico, condotto in Gran Bretagna, Germania, Ungheria, Polonia, Spagna, Turchia e USA, non verrà completato prima del 2027. Anche il 67enne Racz è consapevole di essere un anello di una catena: “Ho pensato che la mia partecipazione potrebbe aiutare altre persone in futuro”, dice il paziente nel comunicato stampa con cui la University College London Hospitals dà notizia del trial sui malati.

La parola vaccino fa pensare a una cura definitiva e meno invasiva rispetto alla radio- o chemioterapia. È corretto dire che oggi la via maestra nella ricerca di una cura contro il cancro passa da questi farmaci a mRNA progettati per stimolare il sistema immunitario a riconoscere e combattere le cellule tumorali?

“No, non credo che si possa dirlo”, risponde il professor Franco Cavalli, oncologo e presidente della Fondazione IOR (Istituto oncologico di ricerca) di Bellinzona. “Per chiarezza è importante ricordare che contro il cancro ci sono dei vaccini che prevengono e funzionano benissimo, come quelli contro le infezioni che provocano il tumore, ad esempio il papilloma virus o il virus dell’epatite, e dei vaccini terapeutici, che sono appunto quelli studiati adesso”.

Cosa si può dire di questi ultimi vaccini a mRNA?

“Sicuramente che i filoni di ricerca fondamentali nella terapia dei tumori rimangono. A parte la chemioterapia classica che sta perdendo un po’ di terreno, ma è ancora utile nella maggior parte dei tumori. Ci sono poi i cosiddetti farmaci intelligenti che colpiscono direttamente quelle anomalie genetiche che provocano un dato tipo di tumore o l’immunoterapia in generale che ha fondamentalmente cambiato la prognosi del tumore del polmone non operabile”.

In che modo?

“L’immunoterapia ha permesso un miglioramento che non si registrava da 50 anni. Questi farmaci intelligenti hanno sicuramente migliorato di molto i risultati terapeutici nei carcinomi non a piccole cellule, che rappresentato circa i 3/4 dei tumori polmonari. Quanto ai vaccini terapeutici siamo ancora agli inizi...”.

Qual è, semplificando, il principio di questi vaccini di nuova generazione?

“Possiamo dire che è quello di produrre una proteina che scatena poi una reazione degli anticorpi. Queste proteine sono gli antigeni che i tumori hanno sulla loro superficie. Va però detta una cosa fondamentale. Questi antigeni, contrariamente per esempio agli antigeni virali o dei batteri delle infezioni, sono deboli. Se contro le infezioni il nostro sistema immunologico reagisce in modo molto forte producendo degli anticorpi, contro i tumori la reazione è molto più debole. È difficile attivare degli anticorpi contro queste cellule tumorali”.

L’immunoterapia si basa invece su un altro principio...

“Nel nostro organismo, oltre agli anticorpi, abbiamo delle cellule che sono una sottopopolazione di linfociti in grado di distruggere o i virus o le cellule tumorali, le quali però hanno la capacità di produrre delle sostanze che addormentano queste ‘cellule soldato’. Con l’immunoterapia sono state sviluppate delle sostanze che tolgono questi freni e quindi lasciano partire queste ‘cellule omicide’ che eliminano le cellule tumorali e sono abbastanza efficaci”.

L'oncologo Franco Cavalli, presidente della Fondazione IOR a Bellinzona.jpg

L'oncologo Franco Cavalli, presidente della Fondazione IOR a Bellinzona

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I vaccini terapeutici invece si basano sul rafforzamento della produzione di anticorpi. E quindi?

“Quindi è abbastanza improbabile che questa risposta sia così forte da riuscire ad annientare completamente il tumore. Quello che si pensa oggi è che questi vaccini non potranno rappresentare l’unica terapia, ma potranno essere solo un complemento in combinazione con altre terapie. Soprattutto a livello preventivo, cioè quando ad esempio, si opera un tumore polmonare. Molto spesso questi pazienti, dopo due o tre anni, hanno una ricaduta perché al momento dell’operazione da qualche parte c’erano delle cellule tumorali che non riusciamo a vedere. Con tutti i nostri metodi per individuare un tumore questo per essere visto deve avere già quasi un miliardo di cellule. Se ne resta in giro solo qualche milione non le vediamo”.

Questi vaccini potrebbero quindi andare a caccia delle cellule superstiti?

“Questa è un po’ l’idea. Dove invece c’è un tumore sviluppato, che si vede bene, con 7-8 miliardi di cellule tumorali, in quel caso probabilmente i vaccini da soli faranno relativamente poco. Questi vaccini possono quindi essere un complemento utilizzabile soprattutto in quella fase dove si pensa che ci sia qualcosa che non si vede”.                

La macchina della pandemia ha messo un po’ tutto in moto. O no?

“Va ricordato che dei vaccini, prodotti con tecnologie tradizionali, ci sono già stati nel passato e quasi tutti gli studi fatti sono risultati negativi. Salvo quelli con un vaccino cubano, che sembrerebbe indicare una certa attività, ma per intanto non è stato riprodotto altrove. Sicuramente quella dei vaccini a mRNA è una nuova strada, ma non penso che questa sarà la soluzione e neanche che diventerà la via principale, ma solo complementare”.

Men che meno quindi quest’ultima ricerca prelude a un sognato vaccino preventivo contro tutti i tipi di tumore?

“Assolutamente no! Anche perché gli antigeni dei tumori sono molto diversi uno dall’altro, quindi è impossibile ottenere un vaccino generale. Assolutamente impossibile”.
                

La chiudo in modo leggero. Quindi il fumatore che legge questa notizia non può sperare nel vaccino come antidoto per continuare ad accendersi tranquillamente una sigaretta?

“Assolutamente no! Assolutamente no! Per il tumore del polmone in generale, la cosa migliore da fare è non fumare. Difatti nei paesi dove c’è stata una netta diminuzione dei fumatori, come in Inghilterra o negli Stati Uniti dove si è guardati quasi come criminali se si fuma, oggi c’è stata una netta diminuzione della mortalità per questo tipo di cancro. E ciò non è legato alle terapie, ma al fatto che sono diminuiti drasticamente i fumatori”.                

Notiziario

Notiziario 28.08.2024, 14:00

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