"Contro la malattia la retorica della battaglia non serve"

“La solitudine? È vista soprattutto come qualcosa di negativo, come qualcosa da scacciare, da riempire. Nessuno vuole essere solo e nessuna vuole essere sola. Ma in realtà, per chi fa un lavoro creativo solitario, come quello della scrittura, la solitudine è essenziale. Più che tecnica, è una questione fondante e ontologica: la solitudine ti permette di tradire la realtà abbastanza da poterla riraccontare”. Si esprimeva così Michela Murgia in un’intervista apparsa durante il programma RSI Cliché lo scorso mese di marzo. La scrittrice e attivista italiana è morta ieri, giovedì, all’età di 51 anni a causa in un carcinoma renale da cui era affetta. Lei stessa aveva rivelato in maggio che le restavano pochi mesi di vita.

Michela Murgia aveva spesso affermato che la malattia deve anche essere trattata come un pezzo di normalità e anche ai nostri microfoni aveva ribadito la sua contrarietà alla retorica della “battaglia” con il cancro: “Sono stata molto fortunata perché ho incontrato un medico che non ha mai usato con me la parola guerra. Non ha mai detto ‘combatteremo’, ‘devi essere una guerriera’ o ‘siamo in trincea'. Questa terminologia non aiuta a guarire, a me non interessava parlare della malattia ma della cura, e delle parole che usiamo per raccontare i percorsi”.