I malati di tumore alla prostata curati con farmaci inibitori degli ormoni sessuali maschili hanno meno probabilità di ammalarsi di COVID-19 e, se succede, sviluppano la patologia in modo meno grave. Lo studio dello IOR e dell'IRB di Bellinzona, è stato pubblicato giovedì sulla rivista specializzata "Annals of Oncology".
I ricercatori guidati dal professor Andrea Alimonti, come avevamo già riferito qui il 10 aprile, sono partiti dalla constatazione che il nuovo coronavirus colpisce maggiormente gli uomini rispetto alle donne, lavorando sull'ipotesi che questo possa dipendere proprio dagli ormoni. I dati raccolti esaminando i casi di carcinoma prostatico in Veneto suffragano questa teoria.
Benché in generale i pazienti con tumore abbiano un rischio di COVID-19 quasi doppio (1,8 volte più alto) e maggiori probabilità di aggravarsi, solo 4 sui 5'273 trattati con la terapia di deprivazione androgenica (ADT) hanno sviluppato la malattia e nessuno è morto. Dei 37'161 malati di tumore alla prostata curati diversamente, invece, 114 hanno contratto il virus e 18 sono deceduti. E su 79'661 pazienti con altri tipi di cancro, 312 hanno sviluppato il COVID-19 e 57 sono morti.
Se altre ricerche arriveranno a confermare questi riscontri, anche gli uomini senza cancro alla prostata, ma ad alto rischio di coronavirus, potrebbero assumere trattamenti ADT per un periodo di tempo limitato in modo da prevenire l'infezione, mentre in quelli contagiati si potrebbe utilizzare per cercare di ridurre la gravità dei sintomi. Fino a nuovi studi clinici, comunque, le conclusioni non sono da considerare definitive e questo genere di trattamenti non dovrebbe essere usato.
IRB e IOR studiano farmaci per contrastare il COVID19
Il Quotidiano 07.05.2020, 19:00