Svizzera

“Avere una stessa idea su dove il viaggio deve andare”

Ignazio Cassis si esprime al WEF sugli sforzi e i presupposti in funzione di una conferenza di pace sull’Ucraina - INTERVISTA

  • 17 gennaio, 15:42
  • 17 gennaio, 21:13

Cassis e i passi per la pace in Ucraina

SEIDISERA 17.01.2024, 18:26

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Di: SEIDISERA/RSI Info

Ignazio Cassis non è in grado di dire se la Russia sarà coinvolta, qualora si concretizzasse, in un summit mondiale per la pace in Ucraina. “Tutto dipende dal modo in cui i Paesi influenti vorranno essere coinvolti”, ha dichiarato il consigliere federale a Davos oggi, mercoledì, in margine ai lavori del Forum economico mondiale (WEF). Ad ogni modo, come si è appreso ieri, la Confederazione è pronta a organizzare il summit, se il progetto andrà in porto. Sentiamo le considerazioni del ministro degli esteri al microfono del collega Alan Crameri.

WEF, il bilancio di Ignazio Cassis

Telegiornale 17.01.2024, 20:00

Da ieri mattina praticamente i suoi funzionari sono al lavoro per organizzare questa famosa conferenza di pace annunciata lunedì. Ci sono già alcuni dettagli, obiettivi, ambizioni?

Guardi, ci sono state quattro conferenze con i responsabili della sicurezza nazionale che hanno preparato il terreno per fare un ulteriore passo. Ora con l’Ucraina abbiamo deciso di impegnarci per chiarire quale ulteriore passo verso la pace sia possibile. Non sappiamo ancora esattamente quale sarà il cammino, ma sappiamo che vogliamo insieme fare tutto il possibile perché ci sia un cammino. Questa è la decisione che è stata presa. E da ieri mattina, come giustamente ha detto, stiamo lavorando con assiduità. Io stesso sarò in India, in Cina per cercare alleanze di Paesi che contano, potenti, importanti che hanno con la Russia ancora dei forti legami.

Sulla Russia il suo messaggio è piuttosto ambivalente. Da una parte dice che non è possibile giungere a una pace senza la Russia. Allo stesso tempo, questa iniziativa di una conferenza di pace è partita dall’Ucraina senza averla coinvolta, la Russia...

Io non vedo nessuna ambivalenza, perché la mia affermazione è molto chiara: non ci sarà pace senza la Russia, perché chi sta sparando sono armi russe, quindi devono smettere di sparare. E questo lo può decidere oggi soltanto la Russia. Ma come arrivare a quel punto? Questo viaggio di maturazione è indipendente dalla decisione finale, che poi competerà anche alla Russia, ma serve a tutti i paesi del mondo a unire il vocabolario e avere una stessa idea verso dove il viaggio deve andare.

Come interpreta, come vede Lei la posizione del presidente ucraino, col quale, tra l’altro ha fatto il viaggio in treno da Berna a Davos? Da una parte lui vi ha chiesto di organizzare una conferenza di pace, dall’altra il discorso qua al Forum economico è stato abbastanza marziale, poco conciliante...

Beh, certamente non è l’Ucraina che deve fare la mediazione. L’Ucraina ha interesse a difendere al massimo i propri interessi, come la Russia ha interesse a difendere al massimo i propri interessi. Quindi dovete sempre immaginare che è una comunicazione di guerra, non è una comunicazione in tempi di pace. Cioè, ognuno dei due usa la comunicazione come arma. E evidentemente ognuno cerca di avere la massima chiarezza su ciò che vuole raggiungere.

Ci sono dei rischi politici per la Svizzera nell’organizzare questa conferenza di pace?

Certamente che ci sono. Uno sarebbe quello di non riuscire a mobilitare gli altri Paesi. Per questo che mi sono anche rifiutato di definire una data. Vogliamo farlo il più presto possibile, ma solo a condizione di avere una partecipazione forte e importante che dia significato al tutto. Se non si prova non si potrà riuscire.

E di farsi manipolare dalla posizione ucraina?

Questo è anche un rischio, da tutti e due, o da altri Paesi ancora: la manipolazione da ognuno dei membri partecipanti al processo di pace.

Un’ultima domanda. Lei oggi si è detto molto preoccupato per altri conflitti che sono in corso nel mondo. Questo relativizza un po’ quello che, quando è entrato in carica, era il suo grande progetto al DFAE: stabilizzare le relazioni con l’Unione Europea?

Guardi, questo progetto rimane un grande progetto e credo che, se guardiamo la comunicazione interna, sul piano svizzero continua ad avere il massimo dell’attenzione e poi ne va della nostra prosperità. Questa cosa non cambia. Però cambia il contesto in cui questo problema si situa. Non è più un contesto di distensione, di crescita economica dove ci siano dei conflitti sì, ma lontani in Africa in Asia. No. C’è la guerra in Europa. C’è una tensione forte in Azerbaigian, Armenia, vicino a noi, nel Caucaso del sud. Abbiamo nei Balcani occidentali Serbia e Kosovo che sono in rotta di collisione. Abbiamo in Africa del nord delle situazioni di instabilità potenti sul Mediterraneo. Quindi siamo il continente europeo attorniato da focolai di guerra, di instabilità, di grande preoccupazione che ci devono costringere a relativizzare i nostri problemi interni dei bei tempi. Sono problemi che possono essere risolti con un po’ di flessibilità da tutte le parti e adesso abbiamo un interesse maggiore a farlo. Proprio perché la situazione di instabilità ci costringe a creare più stabilità interna.

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