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Parlare di pace a Davos, mentre in Ucraina tuonano i cannoni

Le difficoltà per gli sforzi diplomatici, quando sul terreno nessuno accenna a retrocedere - L’APPROFONDIMENTO

  • 17 gennaio, 14:48
  • 17 gennaio, 15:07
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Il presidente ucraino Zelensky in un'immagine scattata martedî a Davos

  • Keystone
Di: Modem/SP 

“Tutto questo parlare di pace è soprattutto l’inizio di un cammino perlopiù ipotetico”. Pierre Ograbek, corrispondente RSI da Davos e più volte inviato in Ucraina, commenta così gli sforzi diplomatici profusi in questi due giorni per cercare di portare la pace in Ucraina al centro dell’attenzione.

“A Davos domenica c’è stato un incontro importante su questo tema, però sul terreno nessuno accenna a retrocedere”. C’è poi l’atteggiamento assunto dalla delegazione ucraina in terra grigionese a corroborare la visione di Ograbek: “È giunta qui rivendicando la partenza delle truppe russe e la liberazione di tutti i suoi territori. Lo ha fatto con uno stile che definirei battagliero e quindi non con un ipotetico rametto di ulivo in mano. Zelensky ha messo a punto un documento, che non ha il tono di un compromesso: è una proposta di pace secondo la volontà di Kiev. Ci sta lavorando anche la Svizzera. Vedremo che forma prenderà”.

E la Confederazione come si muove su questo scacchiere? “In questi ultimi giorni il nostro Paese ha giocato un ruolo un po’ particolare e forse un po’ inatteso, tenuto conto del tradizionale stile diplomatico elvetico”, risponde Ograbek, che precisa: “Il DFAE ha deciso di aderire alla formula di pace presentata da Zelensky. Nel documento fondamentalmente si dice che la Russia deve andarsene da tutto il territorio ucraino e poi un tribunale speciale dovrà punire i crimini commessi. Berna, come già detto, vi ha aderito affermando che si tratta di un primo passo”.

Il testo poi è stato ritoccato e nel frattempo vi hanno aderito 83 Paesi. “L’idea – precisa Ograbek - è di creare un’alleanza internazionale che sembra di fatto essersi formata in poco tempo”.  Per la Confederazione c’è già un risultato significativo: “la Svizzera sta lavorando concretamente insieme all’Ucraina per organizzare su suolo rossocrociato un summit per la pace globale. Il punto più difficile sarà coinvolgere la Russia, che in questo momento si sente forte ma si troverà di fronte un’alleanza che non potrà essere completamente ignorata. Va tra l’altro detto che non corrisponde al profilo di una Nato così spesso evocato da Mosca per giustificare un intervento armato in Ucraina”.

Queste spinte verso la pace hanno una loro utilità? Perché si fa tutto questo a combattimenti in corso? Sono le domande che si pongono in molti. “Per rispondere bisogna partire dall’inquadramento della guerra che si sta combattendo”, afferma Luciano Bozzo, direttore del Centro studi strategici dell’Università di Firenze.  “All’inizio poteva sembrare quella di una grande potenza che attacca un piccolo vicino. In realtà – lo sappiamo tutti – se da un lato c’è effettivamente una grande potenza, dall’altro oltre all’Ucraina, c’è la Nato e un’altra grande potenza. La guerra si è quindi trasformata in un conflitto per gli equilibri mondiali”.

Nella storia questo tipo di scontri sono lunghi e non terminano per l’offensiva vittoriosa dell’una o dell’altra parte, precisa Bozzo: “Terminano per consumo di uomini e di materiali. In particolare, in un caso come questo in cui la Nato non può recidere quei canali che li portano al fronte, perché dovrebbe colpire in profondità nel territorio russo. Senza contare che c’è probabilmente una potenza regionale come l’Iran che rifornisce la Russia e verosimilmente lo stesso fa la Corea del Nord”.

Il problema evocato si pone anche per la Russia, conclude Bozzo: “Il fronte è quindi statico, il consumo di materiali è enorme.  Si può solo sperare che da una parte o dall’altra il consumo sia tale da determinare un gettare la spugna di chi non riesce più a sostenere lo sforzo bellico; oppure un crollo del fronte determinato dallo stesso tipo di situazione. Un’altra eventualità potrebbe essere che le parti giungano a comprendere, che la guerra sta costando troppo e si vada quindi verso un congelamento di tipo coreano. In questo momento però non vedo accadere nulla di tutto ciò, perché ciascuna delle parti può ancora pensare di imporre all’altra delle condizioni negoziali”.   

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