Tasha Rumley, la responsabile dei programmi umanitari della Catena della Solidarietà, ha trascorso gli ultimi giorni alla frontiera tra la Polonia e l’Ucraina, visitando più punti in cui arrivano i rifugiati. Le colonne delle persone che fuggono dalla guerra sono lunghissime. Solo nella giornata di sabato le autorità polacche hanno registrato 129'000 nuovi ingressi. "Arrivano sempre, senza sosta – spiega alla RSI -. Sono solo donne con i bambini. Sono chiaramente provati. Certi hanno dovuto fare attese di 20-30 ore per passare la frontiera. E arrivano infreddoliti, in ipotermia. Ricevono tè caldo o cibi caldi da associazioni locali. C’è Caritas Polonia molto attiva. Ci sono tanti volontari locali, coordinati dall’esercito e dalla protezione civile. La solidarietà polacca è incredibile. Ci sono ristoranti e catene di alimentari che forniscono cibo ma questo non durerà mesi. Per quello ci vogliono le ONG internazionali”.
Giornata speciale della Catena della Solidarietà
Telegiornale 06.03.2022, 13:30
Chi si occupa di organizzare la solidarietà sul lungo periodo, come Tasha Rumley, sa che il momento più difficile dell’organizzazione del sostegno arriverà quando i volontari dovranno, se non tornare alla loro vita precedente la guerra in Ucraina, quanto meno riposare un po’. “Questa situazione non può durare mesi. Per quello ci vogliono organizzazioni internazionali. C'è bisogno di soldi per finanziare una risposta umanitaria professionale efficace. Costa. Bisogna pagare il cibo, le spese sanitarie, i trasporti”.
Gli ucraini "non sono partiti in T-shirt, tenete i vestiti per quando arriveranno da noi”
Il consiglio che Tasha Rumley si sente di dare alla popolazione svizzera desiderosa di dare il proprio contributo è di “sostenere le organizzazioni umanitarie internazionali attive nei paesi limitrofi: Polonia, Romania eccetera”. Anche perché in questo momento non servono aiuti di emergenza. “Ci sono tante donazioni che arrivano, un sacco di abiti. Ma è quasi troppo perché ci sono molti vestiti che non vengono usati. Non servono. Non sono partiti in T-shirt. Poi la gente non si fermerà qui, molti andranno in altri paesi. Vorrei dunque dire agli svizzeri: tenete questi vestiti per quando gli ucraini arriveranno da noi”.