L'ondata di solidarietà nei confronti della popolazione ucraina che aveva caratterizzato i primi mesi dopo l'inizio del conflitto, sotto forma di ospitalità e doni di denaro e beni di prima necessità - sta lentamente scemando un anno e mezzo dopo. A dirlo sono le organizzazioni attive in questo ambito, che rinnovano i propri appelli alla generosità.
"Si è ancora solidali, ma la solidarietà continua a calare. Lo noto purtroppo come presidente della mia associazione. Lo si vede nello spirito della gente, nelle parole e nelle discussioni sui social, ma anche nella quantità di aiuti donati", afferma Julia Peters, presidente di "Good Friends for Ukraine". A suo avviso, questo si spiega con il minore spazio che la guerra trova sui media e con una certa stanchezza: molti hanno già donato o sono stufi di sentire le stesse richieste.
"Un impatto" - aggiunge - "l'hanno avuto anche gli ucraini proprietari di auto di lusso. Questo è il primo argomento. Non importa con chi parliamo, la reazione è subito 'ah si, ma intanto hanno quelle grosse auto'".
"Nel corso dei primi tre mesi di guerra abbiamo ricevuto 65'000 franchi, negli ultimi tre solo 3'000", ha detto dal canto suo alla SonntagsZeitung Tetyana Polt-Lutsenko, presidente degli Ucraini di Basilea. Sempre più spesso si trova a dover rifiutare richieste di aiuto.
E mentre la solidarietà cala, si segnalano invece i primi episodi di aperta ostilità nei confronti dell'operato di queste organizzazioni. Al domenicale, "Good Friends for Ukraine" ha detto di aver ritrovato nella propria buca delle lettere un sacco riempito di escrementi di cane.
Elisabeth Baume-Schneider relativizza
La responsabile del dossier della migrazione, la consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider, non concorda con questa visione pessimista. Al di là della Ricorda che "oltre un terzo dei rifugiati ucraini è ancora alloggiato da privati o famiglie. Un dato notevole, se pensiamo alla durata del conflitto". Si può però migliorare dal profilo dell'integrazione. Un esempio è quello dei posti di apprendistato per i giovani provenienti dal Paese devastato dalla guerra: "sono ancora poco utilizzati".