Il commento

Cent’anni di decadenza a Davos

Impressioni e riflessioni a conclusione del WEF

  • 19 gennaio, 05:55
  • 25 gennaio, 09:11
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Banchetto davanti all’albergo Schatzalp

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Di: Alan Crameri, responsabile cronaca nazionale e inviato RSI a Davos

A Davos si cerca la guarigione da oltre un secolo. Cento anni fa, nel 1924, Thomas Mann pubblicava “La montagna incantata” (Der Zauberberg), uno dei libri più importanti della letteratura tedesca e europea. Era ambientato proprio quassù, in un sanatorio dove ospiti benestanti internazionali cercavano una cura per la tubercolosi.

Al WEF da decenni si cercano le cure per le malattie del mondo: guerre, povertà, crisi ambientale. Gli ospiti non hanno più la tubercolosi, ma sono ancora benestanti e potenti.

Ma quante promesse mantiene Davos? Dal sanatorio di Thomas Mann i morti venivano portati via dall’uscita sul retro, e il protagonista alla fine parte soldato per la Prima Guerra Mondiale. I problemi del mondo non sono risolti, nemmeno dopo 54 edizioni del forum economico mondiale. Dov’è finita la magia promessa dal Zauberberg?

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Il retro dell’ex sanatorio

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Una panchina per riflettere nel boschetto

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Sono salito al sanatorio di allora a cercarla, oggi è l’albergo Schatzalp. Il giardino davanti è affollato, per un banchetto offerto da un’importante società di consulenza finanziaria, tovaglie bianche, in un paesaggio imbiancato dalla neve. Sul retro dell’edificio l’immagine non potrebbe essere più diversa. Non si sente e non si vede nessuno. Le persiane e la facciata dell’albergo mostrano tutti i loro anni, la panchina di legno sotto gli abeti è rovinata. Quasi una conferma che a Davos sia sempre solo una questione di facciata.

Quando dopo un’oretta passata nel silenzio del bosco torno al giardino dell’albergo, la festa è finita. Le tovaglie ammucchiate a terra, sulla neve macchie rosse e arancioni, vino e succo di frutta. Nelle ciotole del banchetto alcuni resti di cibo. Un’impressione di decadenza, come quella descritta da Thomas Mann: una società elitaria e chiusa su sé stessa, che nello sfarzo e nelle parole altisonanti affoga e dimentica la malattia e i problemi per i quali s’era recata sulle montagne di Davos.

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Dopo la festa

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Certo, è una riflessione approssimativa, forse frutto di facili pregiudizi e che non coglie le sfumature. Vari pazienti sono guariti dalla tubercolosi, e forse una stretta di mano al WEF ha evitato o accorciato una crisi senza che ce ne siamo accorti. Ma nonostante gli sforzi per coinvolgere società civile e terzo mondo, sono ancora i potenti i più ascoltati. Si parla di cambiamenti climatici in locali troppo riscaldati su una via che puzza del gas di scarico delle berline nere incolonnate col motore acceso.

Il dubbio sulla capacità di guarigione di Davos rimane.

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