La Svizzera, a differenza di Israele, non sarebbe in grado di respingere un attacco con un gran numero di droni e missili come quello sferrato lo scorso 14 aprile dall’Iran. “La nostra difesa aerea è inadeguatamente equipaggiata”, ha dichiarato in merito alla SonntagsZeitung Albert Stahel, professore emerito di strategie militari all’Università di Zurigo. Il Paese non sarebbe quindi nella condizione di resistere a lungo ad un’aggressione massiccia “con droni, missili da crociera e jet da combattimento”.
L’esercito dispone attualmente di 30 caccia F/A-18 obsoleti, oltre a 27 unità di fuoco per la difesa aerea media e 96 unità Stinger, i missili terra-aria che possono essere lanciati da una sola persona. “Al momento abbiamo un problema”, ha per parte sua dichiarato al domenicale il consigliere agli Stati Josef Dittli (UR/PLR), già ufficiale di carriera. E questo, a parer suo, non sarebbe privo di rischi: “I conflitti militari come quelli in Ucraina o in Medio Oriente possono aggravarsi e colpire improvvisamente la Svizzera: nessuno sa cosa accadrà”.
Un miglioramento a livello di difesa dello spazio aereo è previsto solo tra qualche anno: i primi velivoli F-35 arriveranno infatti dal 2028 e la consegna del sistema missilistico Patriot, che attualmente ha un ruolo importante per l’Ucraina, è prevista a partire dal 2026. Le unità Patriot, tuttavia, saranno in grado di proteggere solo una parte del paese: circa 15’000 dei 41’000 chilometri quadrati.
L’acquisizione dei missili Patriot rappresenta il primo passo nella giusta direzione, afferma Stahel, sostenendo però che la Svizzera necessita di altri sistemi, come i cannoni Skyranger di Rheinmetall. Secondo Dittli, è anche necessario aderire al progetto europeo di difesa aerea Sky Shield: “Senza la cooperazione con altri Paesi non si va avanti”.
Attacco iraniano contro Israele
Telegiornale 14.04.2024, 12:30