L'iniziativa contro le esportazioni di armi verso paesi in guerra civile, lanciata lo scorso dicembre e che avrebbe già raccolto le 100'000 firme necessarie, consentirà alla popolazione di avviare un dibattito sul tema, che il Consiglio degli Stati non vuole anticipare: per questo motivo ha respinto lunedì due mozioni che chiedono di rafforzare i controlli sull'export di materiale bellico.
La prima mozione, del Partito borghese democratico, era stata approvata lo scorso settembre per 97 voti a 82 dal Consiglio nazionale. Chiede che i criteri definiti nell'ordinanza vengano inclusi anche nella legge, e quindi siano attaccabili mediante referendum. L'atto parlamentare è stato respinto per 20 voti a 17 (6 astenuti). L'origine della proposta andava ricercata nella decisione del Governo, la scorsa estate, di consentire l'export anche in paesi alle prese con conflitti interni (leggi guerre civili). Nel frattempo l'Esecutivo, subissato di critiche, ha fatto marcia indietro.
La seconda mozione, inoltrata dal "senatore" Raphäel Comte (PLR/NE) dopo il dietrofront governativo, chiedeva un rafforzamento dei controlli per evitare che materiale elvetico venga dirottato verso zone di conflitto oppure utilizzato impropriamente dallo Stato acquirente. I "no" hanno prevalso per 22 a 16 con 5 astenuti.
Il futuro delle esportazioni di armi svizzere
Telegiornale 11.03.2019, 21:00