Rimane alta la tensione sui dazi annunciati dal presidente degli USA Donald Trump. Gli addetti ai lavori (e non solo) ora si stanno chiedendo, in particolare quanto sia alta la a probabilità e/o il rischio che il settore farmaceutico sposti parte della sua produzione dalla Svizzera agli Stati Uniti? Perché, in fondo, è proprio questo ciò che vuole Trump con la sua politica.
Va detto che, per la farmaceutica, i dazi, al momento, sono solo minacciati. Allo stesso tempo per la Svizzera quello farmaceutico è un settore molto rilevante e non solo per le due multinazionali basilesi che si citano sempre, Novartis e Roche. Infatti non solo i giganti guardano con attenzione e una certa preoccupazione ciò che viene deciso a Washington. Anche gli altri, come ad esempio la Rivopharm di Manno (che in realtà realizza solo il 6% del fatturato negli Stati Uniti). Il direttore, Piero Poli, sottolinea che ogni cambiamento è anche un’opportunità, tenendo però in considerazione che si tratta di un settore lento. “Non è un settore rapido come altri, per cui i cambiamenti non sono dall’oggi al domani”, spiega ai microfoni di SEIDISERA. Concretamente, per Rivopharm, ipotizzare di spostare parte della produzione negli USA non sarebbe affatto semplice. “Non abbiamo un sito produttivo negli Stati Uniti: servirebbero 5 anni prima di avere il primo prodotto effettivamente assemblato in America”, spiega.
Oltre alle tempistiche, i fattori che rendono difficile dislocare la produzione sono le autorizzazioni e la difficoltà a trovare manodopera qualificata. Ma dopo l’annuncio di investimenti miliardari negli Stati Uniti da parte di Novartis, tra alcuni politici basilesi c’è il reale timore che la Svizzera perda posti di lavoro, attuali o potenziali. Il mercato statunitense è 40 volte più grande di quello svizzero, spiega Michèle Sierro, portavoce di Interpharma, l’organizzazione che raggruppa le varie aziende farmaceutiche. Al di là dei dazi di Trump, questo è ciò che lascia intendere, è normale quindi che si vada a produrre dove ci sono i clienti, senza però dimenticare le proprie forti radici in Svizzera.
Al netto degli slogan, tuttavia, i dazi statunitensi hanno il potenziale di far molto male alla farmaceutica svizzera, soprattutto se dovessero raggiungere quel 25% paventato da Trump. In Borsa hanno perso e poi in realtà recuperato valore, anche le azioni di Lonza, Siegfried e di altre aziende. che spesso si dimenticano all’ombra delle due note multinazionali. Lonza, ad esempio, ha siti produttivi negli Stati Uniti e per questo potrebbe approfittarne. Rivopharm di Manno, invece, spera che il pericolo possa ancora essere sventato. “Noi speriamo sempre nella politica; che riesca a interagire col governo degli Stati Uniti per cercare di evitare quella che potrebbe essere una recessione importante a livello globale”, dice Poli. Perché, questo il messaggio del direttore, al di là del pericolo di dazi diretti sui propri prodotti, un’impennata generale dei prezzi potrebbe causare una crisi economica globale, quella sì, con conseguenze negative anche per chi vende poco o nulla negli Stati Uniti.

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