Dodicimila franchi. È la riparazione per lesioni corporali che il Tribunale amministrativo federale (TAF) ha accordato a una donna siriana che nel 2014, pur essendo incinta e sofferente, era stata respinta da Briga verso l'Italia. Solo una volta giunta in treno a Domodossola, la donna era stata portata in ospedale, dove i sanitari avevano constatato la morte della bambina che portava in grembo.
Per aver omesso di chiamare un medico, un sergente maggiore delle guardie di confine, a capo dell’impiego a Briga, era stato condannato dalla giustizia militare a una pena detentiva per lesioni corporali (poi ridotta in appello a 150 aliquote sospese). Altri tre decreti, di minore entità, avevano sanzionato lo scorso anno tre guardie presenti ai fatti.
Non nato il 4 luglio
Il dramma della famiglia di profughi siriana, con la donna c’erano il marito e tre figli, iniziò su un treno notturno diretto da Milano a Parigi il 4 luglio 2014. A seguito di un controllo i cinque vennero respinti dalla polizia di frontiera francese e affidati a Vallorbe al Corpo delle guardie di confine svizzero affinché venissero espulsi in Italia via Briga. Durante l’attesa di alcune ore nei locali delle guardie, la donna aveva iniziato a soffrire di dolori sempre più forti. "Il marito - ricorda Il TAF nella sua sentenza del 27 ottobre 2022 - aveva pregato più volte le guardie di confine di chiamare un medico. Le guardie avevano però deciso che non occorreva l’intervento di un medico e avevano fatto salire la famiglia sul treno per Domodossola".
Nel luglio 2015 la coppia di siriani aveva presentato al Dipartimento federale delle finanze (DFF) una domanda di risarcimento e riparazione per sé e per i loro tre figli. Di fronte alla decisione negativa del DFF nel febbraio 2021 marito e moglie avevano impugnato la decisione, chiedendo al Tribunale amministrativo federale 136'473 franchi a titolo di risarcimento e un totale di 159'000 franchi a titolo di riparazioni (più interessi).
La famiglia aveva invocato il fatto che durante il soggiorno in Italia, dal luglio 2014 all’ottobre 2017, aveva beneficiato di minori aiuti statali rispetto a quelli che avrebbe ricevuto in Germania, dove avrebbero voluto presentare domanda di asilo. Una domanda di risarcimento che il TAF ha però respinto perché, a giudizio del tribunale, "la differenza di aiuti prestati in Stati diversi non costituisce un danno ai sensi della legge".
Accertate le lesioni corporali
Diversa invece la valutazione riguardo alle lesioni corporali, che per il TAF giustificano una riparazione. "Rifiutando di chiamare un medico, il Corpo delle guardie di confine ha prolungato la durata delle sofferenze e peggiorato il dolore comparabile a delle doglie". Sempre secondo la sentenza, "altre circostanze hanno aggravato la situazione, quale il luogo in cui la donna si è trovata (segnatamente il treno per l’Italia) e il fondato timore di morire". Il fatti del 4 luglio 2014 hanno contribuito "all’insorgere di sofferenze psichiche di cui la donna attualmente ancora soffre".
Tanto dolore che, "visti gli importi sinora concessi in Svizzera a titolo di riparazione", il TAF ha monetizzato nella cifra di 12'000 franchi più interessi. La decisione potrà naturalmente essere impugnata davanti al Tribunale federale. San Gallo, sede del TAF, non è ancora la stazione d’arrivo.