È una Giornata dei lavoratori densa di inquietudini, quella che sta vivendo gran parte del personale bancario in Svizzera. Il tracollo di Credit Suisse, e la sua acquisizione in atto da parte di UBS, hanno ormai determinato un clima di incertezza che investe in pieno gli organici delle due banche: si temono ormai tagli occupazionali senza precedenti e con conseguenze facilmente immaginabili per migliaia e migliaia di persone esposte alla prospettiva di perdere i loro impieghi e la propria sicurezza.
Natalia Ferrara, attuale direttrice nazionale dell'ASIB, l'associazione di categoria del personale bancario
"È una situazione in generale molto pesante" proprio "poiché incerta. Nessuno di loro sa esattamente che cosa succederà", commenta Natalia Ferrara, direttrice dell'Associazione svizzera degli impiegati di banca (ASIB), sottolineando le apprensioni che serpeggiano fra i dipendenti delle due banche. Le loro sollecitazioni all'ASIB si erano nettamente intensificate già un paio di settimane prima dell'annuncio del rilevamento da parte di UBS. A gravare erano le ansie per il cedimento "del titolo in borsa e per le fuoriuscite di capitali" da Credit Suisse: quasi 62 miliardi di franchi nei primi 3 mesi dell'anno. Di qui, tanti interrogativi "sul proprio posto di lavoro, sulla propria cassa pensioni". E purtroppo "a un mese e mezzo da questo annuncio le domande sono ancora tante", ma da chi di dovere "le risposte stentano ad arrivare".
Dietro la crescente incertezza nel settore
Sono decisamente lontani i tempi in cui il posto in banca veniva considerato come quello "sicuro", per definizione. Ma allora, come ha potuto svilupparsi in Svizzera una situazione così agli antipodi? "Il posto fisso e tranquillo probabilmente non esiste quasi più in nessun settore" e questo "ha evidentemente toccato anche quello finanziario", osserva Alberto Stival, docente di materie bancarie presso la SUPSI e già vicedirettore del Centro Studi Bancari di Vezia. Tanti, i cambiamenti intervenuti in tutti questi anni: dalla perdita di quel "vantaggio competitivo, che era legato alla questione del segreto bancario", fino al crescente impatto della digitalizzazione e ad una "ricerca forse esasperata dell'efficienza e del profitto", che chiaramente "non tocca solo il settore bancario, ma un po' tutti gli ambiti". Il settore bancario ha così perso, negli ultimi 10 anni, quasi 15'000 posti di lavoro. Quasi altrettanti sono stati però creati nel campo parabancario, rileva Stival, citando quelle società che "si occupano dell'amministrazione di tutto ciò che per le grandi banche è stato digitalizzato" in funzione della gestione dei prodotti.
Alberto Stival, già vicedirettore del Centro Studi Bancari di Vezia, è docente di materie finanziarie presso la SUPSI
Il cosiddetto outsourcing è quindi fortemente cresciuto e "molto del lavoro che veniva fatto in banca è stato esternalizzato", conferma Natalia Ferrara. Va quindi evidenziata l'incidenza dell'e-banking, che ha determinato un minor afflusso agli sportelli e quindi la chiusura di molte sedi, come pure una "centralizzazione delle attività", che determina il fatto di "essere meno presenti a livello capillare" sul territorio. Tutto questo, in un contesto di lavoro che implica comunque nuove competenze. Un tempo "si riusciva a entrare in banca, a fare anche l'apprendistato, la gavetta". Ma "oggi è diventata una favola", rammenta la direttrice dell'ASIB. Coloro che vengono assunti, e hanno una chance di rimanere nel settore, dispongono infatti di "una formazione superiore, parlano diverse lingue e hanno una costante formazione continua", con "sempre nuove certificazioni" che risultano indispensabili per restare competitivi e far valere nel ramo la propria impiegabilità.
Fra impieghi persi e possibilità di ricollocamento
Con tutto ciò, l'inglobamento di Credit Suisse in UBS espone ormai numerosissimi dipendenti delle due banche al rischio di perdere il lavoro. E a spiccare, in questo senso, è la questione dei cosiddetti "doppioni": termine "bruttissimo", sottolinea Ferrara, ma ormai diffuso per evidenziare che "andando a unire due entità di questa grandezza, sono evidentemente molte le funzioni, i settori" che risultano "proprio gli uni le copie degli altri". Di conseguenza, dovendo ottimizzare e procedere a economie, "si finisce evidentemente per tagliare in questi ambiti". Queste prospettive seminano ansia e frustrazione, anche "perché oggi come oggi stanno lavorando tantissimo dalle due parti": al Credit Suisse i collaboratori "vogliono dimostrare di essere capaci, di non avere responsabilità per quello che è successo all'estero"; all'UBS "vogliono mantenere il proprio posto". C'è quindi il rischio, sostiene la direttrice dell'ASIB, di una competizione fra due gruppi di collaboratrici e collaboratori, fra due culture anche diverse", con evidenti ripercussioni per "il clima di lavoro dei team e del singolo". E qui, afferma, i vertici della nuova entità hanno una grande responsabilità: "devono davvero fare un lavoro di squadra" nella prospettiva di una "nuova banca che deve essere fondata con magari anche un nuovo modo di lavorare, dei nuovi valori". Intanto però, per i dipendenti, "è difficile lavorare bene, quando si ha più preoccupazione che motivazione".
Un interrogativo dominante: quante possibilità di ricollocamento avrà, all'interno del settore bancario, chi perderà il lavoro a seguito dell'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS?
Ma quante saranno, realisticamente, le possibilità per chi perderà l'impiego di ricollocarsi all'interno dello stesso settore bancario e finanziario? Fare previsioni è ovviamente difficile, risponde Alberto Stival. È però risaputo, aggiunge, che "i consulenti della clientela che riescono a mantenere i rapporti" con essa "trovano sempre impiego anche in altri istituti". Quanto poi a coloro che dovranno fare i conti con le implicazioni dei doppioni, Stival auspica che "comunque una buona parte" di essi "possa ricollocarsi in banche più piccole o in tutto quel settore delle gestioni patrimoniali, dei family office", in cui "sono sempre più richieste anche forti competenze e professionalità nella gestione organizzativa". E si tratta, afferma, di aziende che a volte "fanno anche quasi fatica a trovare dei profili". Ma la sfida consisterà anche nell'accettare condizioni un po' diverse a quelle cui si era abituati: anche sotto il profilo dei salari, che nelle grandi banche sono "tendenzialmente superiori" rispetto al resto del mercato.
Circa i margini di ricollocamento, osserva per parte sua Natalia Ferrara, il discorso però "varia molto in Svizzera, da regione a regione". E in Ticino, purtroppo, "per un posto perso non c'è un posto a disposizione; non c'è mercato". Di conseguenza quando una persona del ramo viene licenziata nel cantone, "raramente riesce a trovare" un altro posto nel settore. E inoltre "nell'80% dei casi" non si tratta di un posto identico al precedente: c'è quindi da preventivare tutto un lavoro di riqualifica, di riorientamento, "correndo magari anche qualche rischio" sul piano della stabilità personale. Oltralpe la situazione è invece ben differente, se si considera che sulla piazza di Zurigo "per un posto perso ci sono statisticamente, rilievi alla mano, due posti a disposizione". Ma il punto, sottolinea la direttrice dell'ASIB, è che finora l'intero sistema economico del Paese "non ha mai vissuto una potenziale ristrutturazione" di questa portata. Quindi, la possibilità che il mercato "riesca a riassorbire così tante persone" diventa "estremamente complicata. È anche il motivo per cui noi chiediamo delle misure straordinarie".
Stabilizzare l'impiego: quali vie da seguire?
La Svizzera brilla da sempre per il suo grande patrimonio di competenze nel campo bancario e finanziario. Ma ora, con tutte le perdite di impieghi che si profilano per via dell'acquisizione di Credit Suisse, non c'è il rischio che tutto questo know-how finisca in larga misura per essere dissipato? Alberto Stival, come accennato prima, confida che molti fra coloro che perderanno il proprio impiego saranno assai richiesti "nelle banche medio-piccole, grazie proprio alla loro esperienza". E un'opportunità, sottolinea, potrebbe risiedere nel fatto che il loro know-how verrebbe così "distribuito meglio, su più operatori del settore". È infatti assolutamente necessario, afferma l'esperto, "mantenere nel nostro Paese le competenze ben ripartite "fra molti operatori", in modo da avere poi "nei vari gremi, nelle associazioni di categoria, nei gruppi di lavoro" persone con esperienze diverse, di organizzazioni diverse, "ma tutte competenti". In tal modo si eviterà il rischio di avere "un'unica opinione preponderante", a causa di un attore sul mercato "nettamente più grande, rispetto a tutti gli altri".
Il lavoro in banca: dalla relativa sicurezza di un tempo, alle tante incognite del presente
Ma intanto cosa si dovrebbe fare per corroborare nel ramo la stabilità dell'occupazione? Sono ormai alle spalle, rileva la direttrice dell'ASIB, i tempi in cui era considerato un atout il fatto di lavorare da 25-30 anni nello stesso istituto. È quindi molto importante "non avere delle carriere lineari e fare delle esperienze". Da un lato, quindi "cerchiamo di puntare" a potenziare le competenze dei collaboratori più giovani, fino ai 40-45 anni, attraverso "più esperienze possibili: diversi istituti, diverse regioni, diversi settori". Dall'altro, però, "è chiaro che occorre traghettare" i collaboratori con più di 50 anni, e con tutto il dovuto rispetto per chi ha lavorato una vita, "verso un pensionamento o un prepensionamento". Non si può del resto pretendere, sottolinea Natalia Ferrara, che chi ha fatto 30 anni di attività nella stessa banca, e con la stessa funzione, "possa reinventarsi all'improvviso". Il prepensionamento è un'operazione certamente costosa, "ma dal nostro punto di vista il datore di lavoro ha una responsabilità": si tratta di accompagnare queste persone verso la fine della loro vita professionale, "dando però dignità a tutto quello che c'è stato fino a quel momento". Mentre oggi invece, in alcuni istituti, i collaboratori più anziani, "senza alcuna rete di protezione, vengono semplicemente licenziati" con un periodo di disdetta e "con tutte le conseguenze sociali" che ne conseguono.
Alberto Stival è attivo anche in un'organizzazione, la Swiss Sustainable Finance (SSF), impegnata a promuovere anche in campo finanziario l'importanza della sostenibilità. In che misura investire su questo valore potrebbe contribuire, in avvenire, a rafforzare il settore di fronte a possibili, ulteriori turbolenze? La sostenibilità, risponde, si esplicita anche con il buon governo d'impresa. E questo concetto, "applicato alla banca stessa, significa anche un approccio più responsabile nei confronti di tutti" i suoi portatori d'interessi: come a dire, dalla clientela ai propri dipendenti. In questo senso si impongono quindi un maggiore equilibrio e meno speculazioni. E la cultura della sostenibilità finanziaria, che gli istituti portano avanti attraverso i propri prodotti, "sicuramente dovranno sempre più viverla anche" le banche stesse. Con la prospettiva di ridurre i rischi legati ad un perseguimento indiscriminato dell'efficienza e alla massimizzazione del profitto a breve termine.
Alex Ricordi
Credit Suisse, continua la fuga di capitali
Telegiornale 24.04.2023, 20:00