Svizzera

Media bocciati: tre riflessioni e un'autocritica

Il commento - I messaggi sbagliati, il peso dei grandi editori, il ruolo del servizio pubblico e dei giornalisti

  • 13 febbraio 2022, 19:04
  • 20 novembre, 18:39
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La bocciatura del pacchetto di sostegno ai media impone alcune riflessioni.

  • Keystone
Di: *responsabile informazione digitale RSI 

di Antonio Civile*

I mezzi d’informazione sono un affare nel quale lo Stato non deve mettere il becco. Tanto meno il becco di un quattrino in più. Lo hanno deciso i cittadini, bocciando la legge federale e il relativo pacchetto di sostegno ai media privati. Se da un lato si potrebbe essere tentati di considerare che si tratti di un principio sacrosanto – chi opera per soddisfare il mercato dei media non riceve nuovi aiuti pubblici – dall’altro il “no” a questi aiuti suona soprattutto come un allarme.

Il peso specifico dei grandi editori

Tutto ciò suggerisce una prima riflessione che i grandi editori, grazie ai loro mezzi, pensano forse di poter evitare. Quanto possono effettivamente fare i media svizzeri di fronte allo strapotere dei network e dei social media che rastrellano pubblicità? Chi pubblica giornali e siti web, ma guadagna con altre attività, s’illude forse di poter avere un maggior peso specifico quando si tratterà di mettersi al tavolo e cercare di incassare qualcosa da Alphabet (Google e YouTube), Amazon, Netflix o Meta (Facebook e Instagram). In sostanza però si troverà ad avere lo stesso potere negoziale dei piccoli media privati che sono finora sopravvissuti alle fusioni e al crollo delle entrate pubblicitarie. Poco, soprattutto in assenza di basi legali che Berna ha appena iniziato a immaginare.

L'ottovolante delle camere federali

Il pacchetto di sostegno ai media, una costola dell’emergenza pandemica che forse stiamo dimenticando troppo in fretta, era nato con le migliori intenzioni ma poi è finito nell’ottovolante del Parlamento che l’ha reso lo strumento perfetto in mano agli oppositori. Ne è seguita una campagna segnata da errori da parte dei grandi attori che ne hanno facilitato il naufragio, mettendosi in mostra con una certa arroganza. Campagna giunta in un momento comunque difficile per molti svizzeri, fra l’altro in parte convinti che per informarsi sia sufficiente uno sguardo alle bacheche dei social. Il carico di notizie quanto meno fantasiose messo dai contrari al pacchetto non ha aiutato. Il dibattito infine ha valorizzato troppo poco l’importanza di continuare a poter vantare media locali di qualità e vicini agli interessi della popolazione, più che alle grandi correnti del web.

La digitalizzazione per pochi

Una seconda riflessione riguarda le conseguenze a medio termine proprio per i media che non potranno contare su nuovi aiuti. Di fronte a costi in crescita e alle esigenze della digitalizzazione, molti editori si troveranno a dover fare scelte dolorose. La transizione digitale nell’informazione costa molto in termini di nuove competenze, conoscenza del pubblico, tecnologie. Tutto ciò impone grandi cambiamenti nelle strategie aziendali e di investimento e mette a rischio un sistema mediatico storicamente legato al territorio.

Il ruolo del servizio pubblico

La terza e ultima riflessione dovrà riguardare la SSR, che svolge un mandato di servizio pubblico ritenuto fondamentale nel voto del 2018 sulla drastica iniziativa No Billag. La SSR e anche la RSI sono state erroneamente associate alla votazione di questa domenica pur restando al margine del dibattito pre-voto. L’esito non è dunque di buon auspicio, considerato per acquisito il lancio di una nuova iniziativa voluta questa volta per ridurre a 200 franchi la tassa di ricezione. Il ruolo del servizio pubblico sarà nuovamente messo in discussione e da un fronte politico non più limitato all’UDC. Di fronte a una realtà mediatica nella quale potranno avere spazio solo editori con le spalle più che ben coperte e messa sotto pressione da interessi internazionali, i cittadini svizzeri decideranno nuovamente di sostenere il Consiglio federale e il canone radio-tv a prezzo pieno, se chiamati nuovamente alle urne?

L'autocritica dei giornalisti

Per chiudere sarà da rivalutare la capacità di autocritica di noi giornalisti, perché inevitabilmente questo voto ci chiama in causa in quanto responsabili dei contenuti. Due anni di pandemia hanno messo in crisi la varietà dell’informazione e la sua immagine di indipendenza? E quanto potrebbe essere grave questa spaccatura con il pubblico?

Servono risposte convincenti.

2:39:22

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Informazione 13.02.2022, 12:50

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