Il modo con il quale la Posta gestisce la chiusura degli uffici non va giù ai senatori. Martedì il dibattito al Consiglio degli Stati su una mozione che vuole maggiore chiarezza sulla prevista ristrutturazione della rete si è trasformato in un attacco frontale al gigante giallo. La decisione dell'ex regia federale di chiudere 500-600 filiali su 1'300 entro il 2020 ha suscitato un’ondata di critiche da parte del Parlamento.
Il testo approvato 31 a 5 chiede che la Posta presenti un progetto di pianificazione della rete e che entro un anno venga preparata una revisione di legge che ridefinisca i criteri del servizio pubblico, tenendo maggiormente conto delle particolarità regionali. Inutilmente la presidente della Confederazione Doris Leuthard ha invitato a respingerlo.
A suscitare la maggiore disapprovazione il fatto che la Posta rifiuta di pubblicare i dati concernenti gli uffici destinati alla chiusura e che, spesso, le autorità comunali si trovano di fronte al fatto compiuto. Ma secondo i senatori anche le opposizioni alle chiusure non sono trattate in modo adeguato. Facendosi interprete del pensiero di molti, il socialista giurassiano Claude Hêche si è chiesto e ha chiesto: “Qual è la priorità? Massimizzare i benefici o la soddisfazione dei clienti?".
"Quanti di voi questa settimana sono stati in un ufficio postale? ha replicato Doris Leuthard aggiungendo: "Siamo realisti: i tempi cambiano e ogni comune non può avere una panetteria, un macellaio, un ospedale, una scuola... Il deficit nel settore vendita della Posta è importante: non si inviano quasi più lettere e i pagamenti si fanno online. Il Governo ha inoltre già commissionato uno studio sulle abitudini dei clienti che sarà pubblicato fra un paio di settimane e poi deciderà il da farsi."
Diem/ATS/RG/TG