C’è una decisione importante che riguarda lo stalking: mercoledì il Consiglio federale ha riconosciuto la necessità di inserire questo reato nel Codice Penale. È un passaggio che corrisponde, di fatto, al riconoscimento della gravità dei comportamenti persecutori - ripetuti e intrusivi - che, appunto, definiscono lo stalking.
E quando si parla di stalking, corre subito alla mente la difficoltà di fermare i molestatori, la difficoltà di riconoscere e di far riconoscere il reato e dunque di intervenire. Di questo tema parla anche una serie proposta proprio in queste settimane dalla piattaforma Netflix - si chiama “Baby Reindeer” e mette in luce la psicologia della carnefice (in questo caso), ma soprattutto della vittima: non è la classica rappresentazione, e restituisce molto altro. La RSI ne ha discusso con il professore di Criminologia all’Università di Losanna, Stefano Caneppele.
Nella serie, il rapporto tra vittima e carnefice è tutt’altro che ben definito, tanto che il protagonista, a un certo punto, non solo ammette di aver gradito, in un certo senso, le lusinghe di Marta, ma soprattutto immagina una relazione sentimentale, soprattutto sessuale, con la sua carnefice. Alla fine ne diventa ossessionato e in tribunale prova una sorta di tenerezza per lei. Come si spiega?
“Quello che forse emerge dalla serie, e forse è il messaggio che vuole essere inviato, è che esistono persone con molte vulnerabilità, che possono più facilmente cadere in queste dinamiche malate. Dinamiche che sfociano in situazioni di episodi di stalking. In quell’ambito si vede una situazione di comportamento narcisistico, nel quale la persona, in qualche modo, ha piacere nel vedere che esiste qualcuno che ha una sorta di venerazione per lui e questa cosa appaga il proprio ego. Però questa attenzione diventa morbosa e poi ha derive tali che spingono poi a vivere situazioni molto al limite. Questo è l’altro lato della medaglia di un rapporto che, sin da subito, si intravede come un rapporto precario e con molti segnali di attenzione, evidenti sin dall’inizio, per cui ci sono molte contraddizioni. Il rapporto che si instaura in qualche modo riempie anche dei vuoti, delle solitudini, di due persone, poi prende anche forme morbose. Però c’è anche una storia, in qualche modo, di isolamento sociale, di solitudine, di questi protagonisti”.
Otre alla vicenda dello stalking, il protagonista ripercorre un’altra storia di molestie sessuali, di stupro. E anche lì, dopo un po’, dopo aver rielaborato quanto successo, al posto di denunciare il suo aggressore, ritorna da lui.
“Anche questo è un aspetto interessante. Dopo il fenomeno del MeToo, anche in questo caso la narrazione è invertita. Si vede che esiste anche questa forma di violenza, questa forma di potere, esercitatata da un uomo di spettacolo, che abusa del suo potere, ma con una sorta di carisma verso una persona che vive in un sogno, quello di diventare un attore di successo, un comico di successo. Quest’ultimo trova qualcuno che, apparentemente, è disposto ad ascoltarlo e lo asseconda, lo incoraggia, lo consiglia, ma rende la vittima in qualche modo pronta ad accettare una certa situazione, fino al momento in cui arriva una situazione di rottura, ma poi ancora una forma di dipendenza. Questo spiega anche come, a volte, sia molto difficile liberarsi da certe forme di dipendenza. Le persone, una volta che si trovano in situazioni di isolamento o comunque di difficoltà, di crisi, tendono ancora una volta a ricadere nelle stesse dinamiche, negli stessi comportamenti che le hanno poi condotte in queste situazioni di disagio e di sofferenza”.
L’intervista integrale al professore di Criminologia dell’Università di Losanna Stefano Caneppele
RSI Info 15.05.2024, 18:20
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Una legge per punire lo stalking
SEIDISERA 15.05.2024, 18:32
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