Ticino e Grigioni

"È un raggiro vero e proprio"

La testimonianza di un dipendente assoggettato al nuovo CCL di Ticino Manufacturing siglato dall’organizzazione TiSin: "Perché il Governo non interviene subito?"

  • 14 settembre 2021, 19:30
  • 20 novembre, 19:40
04:15

Dagli attesi miglioramenti alla beffa

RSI Info 14.09.2021, 19:36

  • RSI
Di: Quot/dielle 

“Tutti aspettavano con ansia che arrivasse questo momento (del salario minimo, ndr), perché erano sicuri di andare incontro a dei miglioramenti. Il pensiero era ‘finalmente è arrivato’…e invece è arrivata la beffa”. La voce, anonimizzata, è quella di un dipendente delle tre aziende del Mendrisiotto (Plastifil a Mendrisio, Ligo Electric a Ligornetto e Cebi Micromotors a Stabio) che, sotto il cappello della neonata Ticino Manufacturing, ha sottoscritto l’ormai noto contratto collettivo di lavoro (CCL) con salari inferiori al minimo previsto dalla legge votata nel 2015 e che dal primo gennaio 2022 dovrebbe portare gli stipendi più bassi in Ticino a una soglia minima di 19 franchi l’ora. L’operazione è stata resa possibile grazie all’organizzazione TiSin, diretta dall’ex sindacalista Nando Ceruso e di cui fanno parte anche i granconsiglieri leghisti Boris Bignasca e Sabrina Aldi.

“C’è chi non dorme la notte e di conseguenza ne risente anche la salute", prosegue il dipendente. "Tutti noi ci poniamo delle domande: qui in Svizzera leggi e regolamenti, era almeno la nostra impressione, vengono sempre rispettati, quindi questo aggiramento è una doppia presa in giro, anche per il governo ticinese. Mi viene anche difficile credere che questo raggiro, perché questo è, resti impunito. E mi domando anche che valenza ha questo Governo, che non interviene tempestivamente su una situazione del genere”.

La conclusione a cui giunge l’intervistato è quindi deduttiva: “Se ci riescono tre imprese anche tutte le altre si sentiranno legittimate a fare lo stesso giochetto”.

Il silenzio e la firma “davanti al padrone”

L’attenzione si sposta poi sul ruolo dell’organizzazione TiSin e sui contatti avuti con i dipendenti: “Purtroppo abbiamo potuto reagire solo con il silenzio, perché è stata una votazione che si è svolta davanti al padrone. E votare davanti al padrone vuol dire votare con una pistola puntata alla testa… come fai a non alzare la mano con il principale che ti guarda, cosciente che se non la alzi sarai messo alla porta?”.

L’auspicio e la speranza del lavoratore è che comunque la questione possa risolversi positivamente: “Voglio credere nella giustizia, non possono farla franca e se c’è una legge questa deve valere per tutti. Altrimenti, lo ripeto, tutte le altre aziende si sentiranno legittimate a fare queste – mi permetta il termine – porcherie”.

Guarda l'intervista completa in testa all'articolo.

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