"Abbiamo cinquecento famiglie in mezzo alla strada e una casa da gioco chiusa": a oltre due settimane dal fallimento del 27 luglio, i campionesi sono ancora in piazza per chiedere la riapertura del casinò. "Si sta lavorando alacremente per fare qualcosa di duraturo e noi ci crediamo" ma anche "sta passando agosto e siamo qui senza risposte", dicono i rappresentanti sindacali.
Si attende che Roma si muova, per ora invano, tanti dipendenti senza lavoro e magari con un mutuo da pagare rischiano di perdere tutto e qualcuno degli abitanti, già propone: "Annettiamoci alla Svizzera, che è sempre stata più mamma che la patria dall'altra parte".
Una provocazione o poco più, ma che ha già suscitato qualche reazione in Ticino.
Intervistato dal Corriere di Como, intanto, Mario Botta che ha progettato l'edificio del casinò, dice la sua: "I campionesi lo hanno voluto così, enorme e con una forte impronta di identità" ma "fu un errore non prevedere fin dall'inizio maggiore flessibilità" e basare "un'intera comunità su una struttura così legata alla sua funzione primaria".
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