Continua a preoccupare la diffusione in Svizzera di casi di bronchiolite fra i bambini. I reparti di pediatria di molti cantoni sono ormai sotto pressione e alcuni dei bimbi malati sono stati trasferiti in Ticino, dove ci si attende ora una crescita considerevole dei casi. Ma qual è al momento il quadro della situazione nel cantone?
In Ticino "abbiamo visto i casi aumentare, con un apparente primo picco che probabilmente, però, non è quello definitivo", ci risponde Giorgio Merlani, precisando che ora si monitorizza la situazione nell'ottica dei successivi adattamenti. Va quindi sottolineato, aggiunge il medico cantonale, che "se è difficile aumentare le capacità di terapie specifiche per gli adulti, in ambito pediatrico è ancora più difficile". In questo senso si delineano quindi modalità operative già seguite nei 3 anni della crisi pandemica: evitando di fare altri trattamenti, "per concentrarsi a trattare quelli che hanno bisogno in modo irrinunciabile e acuto".
Intanto, però, qual è la disponibilità di posti letto in Ticino per questi ricoveri? E in che misura potrebbero essere aumentati? "Io non voglio dire adesso quanti numeri ci sono, e quanti ci saranno. L'importante è adattare la situazione e rispondere di volta in volta", afferma in proposito Merlani, osservando però che "non si possono 'esplodere' i casi all'infinito" dal momento che le competenze, specie del personale, "sono se possibile ancora più specifiche" di quelle legate alle terapie intensive per gli adulti. Sotto il profilo operativo, si profila poi la possibilità di turni di lavoro più estesi per il personale specializzato in pediatria. Non è quindi da escludere "che si debbano affidare i bambini più grandicelli alla medicina adulta, per aiutare la pediatria a concentrarsi" su quelli più piccoli. Del resto si sa che il virus sinciziale (RSV) presenta "dei decorsi importanti specie nei bambini molto piccoli". E per questi casi occorrerà impegnare le competenze più specifiche.
Circa la diffusione di questo virus, si ipotizza che l'aumento dei casi sia da ricondurre alle misure di protezione adottate durante la pandemia: le stesse, in buona sostanza, non avrebbero fatto circolare altri agenti patogeni col risultato che, ora, ci si ammala più facilmente. Su questo punto Merlani rileva che si constatano due fenomeni. Il primo è dato dal fatto che "quelli che non son si sono ammalati nel 2020 e nel 2021 potrebbero ammalarsi" nell'anno in corso, determinando un'accumulazione dei casi. Ma un secondo dato è rappresentato da "malattie che vanno e che vengono, che tornano": nel caso dell'influenza, ad esempio, visto che "negli ultimi 3 anni praticamente non abbiamo sviluppato anticorpi contro questa infezione, potrebbe arrivare un'ondata più alta e più importante". Ma un'ulteriore insidia potrebbe risiedere nel rischio di una sovrapposizione di queste ondate: perché se un ospedale "deve occuparsi di casi Covid è un conto, ma se deve occuparsi di Covid, influenza e virus RSV, potrebbe esserci veramente una difficoltà".
Il medico cantonale rammenta quindi l'efficacia delle vaccinazioni per proteggersi dal Covid e dall'influenza, come pure l'importanza delle misure igieniche: se si manifesteranno ondate peggiori, occorrerà forse seguirle ancora più attentamente e "raccomandare con maggiore insistenza le mascherine". Non è quindi escluso, aggiunge, che occorrerà tornare "a tirarle fuori dai cassetti".
Che dire però sulla protezione da destinare ai bambini più piccoli? Essi, ossserva il medico cantonale, contraggono "generalmente il virus da chi gli sta accanto". Un buon consiglio da destinare ai genitori, quindi, consiste nell'uso della mascherina "magari quando sono in luoghi affollati, quando vanno a fare la spesa". In tal modo potranno "evitare di prendersi un virus che per loro è sostanzialmente quasi asintomatico, e non lo trasmettono" ai bambini. E questo è un elemento di protezione che "in questo momento può aiutare a rallentare anche il picco di bambini malati".