I dati dei contagi da coronavirus nelle case anziani preoccupano, e anche gli ultimi 12 ospiti (e 4 collaboratori) positivi annunciati sabato dalla casa anziani San Giorgio di Brissago ne sono un ulteriore conferma.
Strutture e autorità cantonali sono così tornati a confrontarsi per capire se ciò che si sta facendo è sufficiente o se bisogna cambiare marcia. “Siamo in continuo contatto con il Cantone e con le direzioni delle case anziani – spiega ai microfoni RSI il presidente dell'associazione che raggruppa le case anziani della Svizzera italiana Eliano Catelli – e abbiamo anche elaborato un sondaggio lampo che dovrebbe produrre dei risultati su come stanno andando le visite nelle case e se è necessario apportare correzioni al modus operandi”.
I risultati sono attesi per l'inizio della prossima settimana, ma quel che pare però già certo è che vi siano sensibilità diverse, tra chi propende per nuove misure fino ad auspicare una nuova chiusura e chi invece vorrebbe continuare così. “Anche se chiudessimo le case il virus potrebbe comunque entrare – prosegue Catelli –, oggi è difficile capire cosa sia la soluzione giusta. C’è sicuramente un po’ di pressione e anche un po’ di paura, ma la motivazione la troviamo nei nostri residenti. Dobbiamo quindi cercare di fare il meglio per loro e quello che desiderano, dunque la risposta ce la daranno probabilmente loro.”
Pezzoli: “Troppi disagi psicologici”
Le visite negli istituti sono state ripristinate un mese fa e, tra chi ritiene che gli anziani se si dovesse rinunciare alle visite pagherebbero un prezzo troppo alto, c'è Paolo Pezzoli, responsabile delle sei case anziani della città di Lugano: “È molto più semplice come si fa ogni giorno, segnalando ad esempio che ci sono 5 casi positivi in una casa, piuttosto che rilevare quali sono i disagi psicologici di un anziano isolato. Evidentemente restare un pochino più aperti porta dei rischi maggiori, è inutile negarlo, ma sono da mettere sul piatto della bilancia con la qualità di vita. Il rischio zero comunque non c’è, neanche chiudendo le case.”
Per Pezzoli, che sottolinea come si tratti di una constatazione personale, il fattore di rischio contagio maggiore non è infatti da ricercare fra i parenti o i visitatori: “Non abbiamo nessun dato certo, però evidentemente il collaboratore è una grande fonte di contagio, basta pensare alla vicinanza fisica tra gli operatori e gli anziani. Risolvendo quindi la questione collaboratori abbiamo già fatto un bel pezzo di strada.
CSI 18.00 del 31.10.2020 - Le condizioni degli infermieri delle case nel servizio di Camilla Luzzani
RSI Info 31.10.2020, 19:30
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Collaboratori che sono pure stati richiamati a prestare la massima attenzione su tutto quello che riguarda anche la loro vita privata: “Prestiamo elevatissima attenzione agli accessi alle case e ai primi sintomi facciamo il tampone. In poche settimane abbiamo fatto più di 200 tamponi. La guardia va comunque mantenuta alta” conclude Pezzoli.
Sempre in merito al personale curante, Eliano Catelli sottolinea infine come a pesare sempre più siano anche le condizioni di lavoro tutt’altro che facili: “Il personale delle case anziani è molto stanco a causa di tutte le situazioni che stiamo vivendo: le assenze, le quarantene e dalla grande tensione data dalla volontà di non portare il virus nelle case”.
Case anziani sotto pressione
Il Quotidiano 31.10.2020, 20:00