I posti letto nelle cure intense degli ospedali svizzeri sono sufficienti? L'annosa questione è tornata di strettissima attualità in queste settimane di fine estate, dove i contagi da Covid-19 e i ricoveri, anche in terapia intensiva, sono tornati a crescere. In Ticino e nei Grigioni la situazione secondo gli esperti è al momento sotto controllo, mentre le maggiori preoccupazioni attualmente riguardano la Svizzera tedesca, dove dei pazienti devono essere trasferiti e delle operazioni non urgenti vengono rinviate. Secondo i dati dalle autorità, al 7 settembre l'occupazione dei posti nelle cure intense a livello nazionale si attesta già attorno all'80%.
Se la Svizzera viene spesso presa a modello internazionale in tanti ambiti e a livello d'innovazione, altrettanto non si può probabilmente dire del sistema ospedaliero. La pandemia sta mettendo a nudo alcune criticità: "Non siamo i primi della classe", sostiene anche Luca Crivelli, economista specializzato in salute pubblica. Il direttore del Dipartimento economia aziendale, sanità e socialità presso la SUPSI è stato ospite de Il Faro, approfondimento settimanale del TG, dove ha chiarito alcuni aspetti riguardanti i reparti di terapia intensiva dei nosocomi elvetici.
Il numero non è tutto
Negli scorsi giorni la statistica sul numero di letti per 100'000 abitanti ha sollevato perplessità, poiché la Svizzera risulta al di sotto anche della media europea. Se in questo raffronto la Germania dispone di 33,9 posti, mentre l'UE mediamente 12,9, nella Confederazione se ne contano solo 11,8. Secondo Crivelli occorre tuttavia precisare che il confronto potrebbe essere falsato da un modo diverso di categorizzare le proprie risorse: "In Svizzera c'è una certificazione rigorosa per definire i posti di cure intense".
Ma servono allora più letti? Stando all'esperto ticinese occorre riflettere sul breve e sul lungo periodo: "Sappiamo che dovremo aumentare la disponibilità visto che i baby boomers stanno invecchiando. Aumentare i posti non è però solo una questione di materiali". Quando la catena produttiva dell'attrezzatura non è bloccata, il fattore decisivo è quello umano.
La chiave è la formazione del personale
"Il problema - spiega Crivelli - non è la creazione di posti, bensì la disponibilità di personale qualificato, che avrebbe bisogno 2-3 anni di formazione". Il Ticino nella prima ondata della primavera 2020 è stato in grado di raddoppiare le sue 60 unità di cure acute grazie una grande capacità di resilienza.
"Non occorre avere una capacità in eccesso di letti in cure intensive, ma piuttosto la capacità di aumentarli in caso di bisogno". Secondo l'economista della SUPSI, il Ticino un anno e mezzo fa ci è riuscito grazie ai vantaggi dell'ospedale multisito, che ha garantito più materiale a disposizione, e grazie alla preparazione umana: "Tutto il personale di terapia intensiva dell'EOC ha una certificazione, è altamente specializzato - spiega Crivelli - È così stato possibile affiancare loro altro personale senza perdere in qualità."
Gli altri cantoni svizzeri secondo l'esperto probabilmente non possono farlo ed "è troppo tardi" per reagire: "Ormai - chiosa Crivelli - si può solo lavorare in maniera solidale".
Covid, Ticino in controtendenza
Il Quotidiano 08.09.2021, 21:00