Il suo caso approdò in aula nel settembre del 2022. La Corte delle Assise Criminali di Lugano condannò il cittadino kosovaro a tre anni e otto mesi di carcere; nonché all’espulsione dalla Svizzera per cinque anni. L’allora 39enne fu riconosciuto colpevole di violenza carnale, sequestro di persona, coazione e violazione del dovere di assistenza o educazione. Reati commessi ai danni dei suoi famigliari, nell’ambito di una vicenda che l’accusa definì “di infinita tristezza”.
Vittima principale la moglie, che dal 2011 al 2016 era stata ripetutamente violentata. Violentata e, fino al 2018, segregata in casa. Dal loro appartamento poteva uscire soltanto per accompagnare le bambine a scuola o all’asilo. Quando era incinta della seconda figlia, lui le aveva addirittura impedito di andare dal ginecologo fino alla 20esima settimana. Il tutto accompagnato da una serie di violenze inferte alle due bimbe.
La perizia psichiatrica rilevò un leggero ritardo mentale dell’uomo e, di conseguenza, una lieve scemata imputabilità. Lo stato di salute non fu comunque ritenuto tale da compromettere la sua processabilità. Questione che in appello si è rivelata però fondamentale.
Ai dubbi sollevati dai difensori (Yasar Ravi e Luisa Polli) sono seguiti quelli emersi nel corso del dibattimento, svoltosi a cavallo tra il 2023 e il 2024. La Corte, presieduta dalla giudice Giovanna Roggero-Will, ha deciso di disporre una seconda perizia, sulla base della quale è giunta ora a conclusioni diverse. La capacità dibattimentale dell’imputato è manifestamente esclusa; né potrà essere riacquisita. Il procedimento a suo carico – ha stabilito la Carp – va dunque abbandonato.
Quotidiano del 09.01.2025