Ticino e Grigioni

Divisi su una franchigia degli acquisti dimezzata

La misura in arrivo dalla Confederazione per limitare il turismo della spesa rallegra Federcommercio, mentre l’ACSI evidenzia la tempistica sbagliata

  • 14 novembre 2023, 17:31
  • 14 novembre 2023, 17:36
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La domanda di rito al valico: "Merce da dichiarare?"

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Di: Spi

È la classica notizia che divide, anzi che dimezza. Non c’è ancora l’ufficialità, ma il Dipartimento federale delle finanze sta mettendo a punto una misura concreta per frenare il turismo degli acquisti. La proposta è di abbassare, dagli attuali 300 a 150 franchi, il limite entro il quale chi fa la spesa oltre confine non paga, rientrando in Svizzera, l’IVA (ora del 7,7%, ma da gennaio sarà aumentata all’8,1%).

Nonostante il forte rialzo dei prezzi in Italia (dove l’inflazione ha colpito più duramente che nel nostro Paese), le code di auto con targa ticinese dirette ai supermercati al di là della frontiera non sembrano essersi accorciate. Basta recarsi a Ponte Tresa o a Chiasso in una giornata di un weekend qualsiasi. Gli stessi addetti ai lavori parlano di fenomeno in crescita: “Non ho ancora i dati definitivi per il 2023, ma si può ipotizzare che ci sia stato un aumento”, afferma Lorenza Sommaruga, presidente di Federcommercio, l’associazione ticinese che raggruppa tanto la grande distribuzione quanto alcune società di commercianti locali. Ad incidere, negativamente sul settore, due fattori: “Da un lato la libertà, dopo le restrizioni, di tornare a varcare il confine, dall’altro il franco forte”. La tendenza ha subito un’accelerazione da giugno 2022, quando a un franco corrispondevano circa 95 centesimi di euro. Da allora il cambio è stabilmente oltre quota 1 euro, toccando lo scorso ottobre punte di 1,05.

Federcommercio: “Concorrenza al limite dello sleale”

Il probabile dimezzamento della franchigia, si diceva all’inizio, suscita reazioni contrastanti. Sicuramente verrebbe accolto con piacere dai commercianti ticinesi: “Potrebbe essere un aiuto per le nostre aziende che in questo momento subiscono dalla vicina Italia una concorrenza al limite dello sleale per quanto concerne i costi fissi”, dice Sommaruga, che cita in particolare la disparità di retribuzione del personale. L’attesa stretta sulla franchigia, ricorda ancora la presidente di Federcommercio, era stata sollecitata a più riprese dall’allora rappresentante dei commercianti di Chiasso.

L’ACSI: “Misura e tempistica sono sorprendenti”

Il probabile taglio della franchigia suscita invece molta perplessità nell’Associazione consumatrici e consumatori della Svizzera italiana: “La misura è sorprendente, perché arriverebbe in un periodo in cui proprio i consumatori sono sollecitati su tutti i fronti”, afferma la segretaria generale dell’ACSI Antonella Crüzer. “Bisognerà capire che tipo di reazioni susciterà in chi effettua acquisti all’estero. Ma siamo anche preoccupati per l’aumento dell’onere burocratico su una categoria che già è pesantemente afflitta da problemi e complicazioni di ogni tipo”.

L’intervento sulla franchigia appare a Crüzer, sotto almeno due aspetti, un passo indietro. Una involuzione: “Certo non ci piace che vengano introdotte delle limitazioni alla libertà di scelta dei consumatori. Inoltre, l’ACSI da sempre punta sul consumo responsabile, con la sensibilizzazione dei consumatori affinché facciano delle riflessioni che superino la semplice logica del prezzo. Chiedersi come è stata prodotta una data merce o alimento, pensare alle ripercussioni sociali e ambientali è oggi più che mai necessario”.

Il peso dello shopping all’estero

Vista dalla prospettiva del commercio al dettaglio l’emorragia di soldi che finiscono all’estero ha un numero: 8,5 miliardi di franchi nel 2022. La stima arriva da uno studio dell’Università di San Gallo, secondo cui tuttavia non ci sarebbe stata un’esplosione, al contrario nel 2017 il turismo degli acquisti valeva 9,05 miliardi. Una recente analisi di Swiss Retail Federation indica un danno per il commercio al dettaglio di 8,5 miliardi.

Mancati introiti che aumentano, ovviamente, nei cantoni di confine. Non è un caso che arrivano da San Gallo e Turgovia le due iniziative, accolte dal Parlamento, che chiedevano l’abolizione totale della franchigia per aiutare i commercianti. Potrebbe funzionare a detta degli studiosi di San Gallo: un limite di franchigia di 50 franchi esente IVA farebbe diminuire del 33% la spesa all’estero.

Uno su due in Ticino va oltre frontiera

Per il Ticino, nel confronto nazionale, il peso dell’acquisto in Italia potrebbe essere ancora maggiore. Per le cifre ci si deve affidare a quelle dei grandi distributori, secondo cui il volume di spesa delle persone residenti nella fascia di confine è di almeno 500 milioni di franchi all’anno. Inoltre, lo scorso giugno un sondaggio di Comparis riferiva che un ticinese su due (il 54%) dichiarava di fare acquisti in Italia. Un dato molto superiore che in Romandia (23%) e nella Svizzera tedesca (22%). L’impressione, a caldo, è che la franchigia dimezzata non cambierà molto le abitudini: stando al sondaggio lanciato sulla pagina Instagram di RSI Info il 73% continuerebbe comunque a fare spesa oltre confine, il 20% no e il 7% è nel dubbio*.

La spesa oltre frontiera: siete favorevoli all’abbassamento della franchigia per rendere meno vantaggioso il turismo degli acquisti?

Controcorrente 14.11.2023, 11:45

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L’attuale franchigia a 300 franchi non ha praticamente impatto sulla spesa alimentare, oltretutto il limite è personale e aggirabile (lo sarà verosimilmente anche in futuro) da quanti fanno acquisti con la famiglia o conoscenti al seguito. Lo stesso accade per le quantità ammesse in franchigia, dove, ad esempio, il limite di un chilo di carne o preparazioni di carne a persona può indurre i singoli ad evitare gli eccessi. Discorso valido per vino (5 litri ammessi) e superalcolici (1 litro). Oltre si paga dazio. Il calcolo sull’IVA si estende inoltre a quella che il consumatore può farsi rimborsare vidimando il modulo di merce in uscita dal Paese estero. È il cosiddetto tax free che in Italia può essere richiesto quando la spesa supera la soglia di 155 euro (ma in Germania l’opzione si applica già a partire dai 50 euro).

“Non demonizziamo, ma...”

Salari e quindi potere d’acquisto mediamente più bassi in Ticino che nel resto della Svizzera, rincari, aumenti delle casse malati, questi e altri fattori possono incidere sui comportamenti dei cittadini. Federcommercio non giudica: “Non lo abbiamo mai fatto - dice la presidente Sommaruga -. Non abbiamo mai demonizzato coloro che per motivi di bilancio familiare fanno acquisti dove preferiscono”. E neppure fissa un limite oltre il quale la giustificazione cade: “Non lo saprei dire. È una questione di giudizio. Da molti anni rimarchiamo quanto sia importante fare acquisti in Ticino, non solo per i piccoli commercianti e la grande distribuzione, ma per il Paese tutto. Per i posti di lavoro, per i contadini che riescono a mantenere le bellezze del territorio. Penso che ognuno debba guardare a cosa è meglio per sé, ma con un occhio vigile sull’economia locale”. Oltretutto questa convenienza degli acquisti in Italia, conclude Sommaruga, “è sempre meno comprovata, poiché i prezzi si sono allineati a causa anche di un’inflazione italiana ben superiore alla nostra. Senza contare il traffico, la benzina, il tempo perso nel tragitto. Non dimentichiamo, infine, che i nostri commercianti faticano e quindi bisognerebbe avere un occhio di riguardo a chi mantiene vive le nostre città”.

“La grande distribuzione riduca i margini”

Non è però colpendo la franchigia che si incentiva il commercio locale,  secondo l’ACSI altre sarebbero le misure per riconquistare il consumatore: “Da anni - sottolinea la segretaria generale - chiediamo alla grande distribuzione di ridurre i margini sul prezzo dei prodotti di importazione, ma anche su quelli nazionali perché sappiamo che il sovrapprezzo pagato dai consumatori è molto elevato anche sui prodotti svizzeri. Oltretutto senza che ci sia un reale sostegno ai produttori”.

La novità giunge, diceva Crüzer all’inizio, con una tempistica sorprendente: “Oltre ai rincari dei premi di cassa malattia, a gennaio aumenterà l’IVA e ciò avrà un impatto sulle economie domestiche. In più ora si vogliono porre limitazioni all’acquisto all’estero, una pratica che l’ACSI non ha mai incentivato, ma che neppure si può vietare o sconsigliare a chi abita vicino alle fasce di confine. Non ci sembra davvero il momento di fare questo tipo di ragionamenti senza offrire, sull’altro piatto della bilancia, un miglioramento delle condizioni di vita in Svizzera”.

Muoversi nella giungla dello shopping

Crüzer invita a non sottovalutare anche l’impatto burocratico della misura: “Fare acquisti consapevoli oggi è già difficile sotto tutti i punti di vista e non vogliamo ulteriori complicazioni. Il consumatore svizzero è già sollecitato perché deve riuscire a mantenersi in equilibrio finanziario di fronte a una moltitudine di aumenti, ma anche perché fare acquisti oggi significa muoversi su un terreno scivoloso e poco trasparente”. La segretaria generale dell’ACSI termina puntando il dito contro la politica: “La nostra iniziativa popolare contro l’isola dei prezzi alti in Svizzera è stata approvata dal Parlamento, ma la sua messa in pratica finora è molto lacunosa. Ci si può chiedere a cosa serva introdurre nuove legislazioni, se non vengono applicate”.

(* sondaggio d’opinione senza valenza scientifica)

RG 12.30 del 14.11.2023 - Il servizio di Gianluca Olgiati

RSI Info 14.11.2023, 17:31

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