La politica ticinese torna ad occuparsi di parità tra i sessi o, meglio, di rappresentanza femminile nei posti dirigenziali e CdA dello Stato e del parastato. La proposta di modificare la legge per assicurare una presenza minima per le donne del 30%, divide. Sono infatti due i rapporti sottoscritti oggi, martedì, e pronti per essere discussi dal Parlamento.
La socialista Daria Lepori è relatrice del rapporto favorevole che accoglie parzialmente la proposta: non chiamiamole quote rosa, dice, si tratta di garantire un'equa rappresentanza: "È un obiettivo che va a favore di tutti e che passa da un maggiore coinvolgimento delle donne".
Per quanto riguarda l'amministrazione cantonale, dei miglioramenti ci sono già stati. La percentuale di donne con posizioni dirigenziali è cresciuta negli anni. Se nel 2005 era di appena il 7,5%, nel 2019 era salita al 20,8%. L'invito rivolto al Governo è quindi quello di modificare l'attuale regolamento per commissioni, gruppi di lavoro, e rappresentanze in enti nominati dal Consiglio di Stato: "Al momento si chiede che ci sia almeno il 30% del sesso meno rappresentato. La modifica che proponiamo è che, nel caso in cui questo non avvenga, l'ente deve formulare per iscritto perché non ci è riuscito", continua Lepori.
Il Governo insiste sulla sensibilizzazione e intende misurare l'evoluzione della rappresentanza femminile, attraverso regolari statistiche. Per Lara Filippini, dell'UDC, relatrice per i contrari, i dati sono utili, sì, ma ci vorrebbe un rapporto decennale. Non è invece d'accordo sul fatto di fissare quote, o percentuali minime per le donne: "Sono contraria alla creazione di questa corsia preferenziale, perché così ritengo che si vada a svilire la donna, mettendo davanti il suo genere e non le sue qualità". Presto il dibattito in Parlamento, che si annuncia ancora una volta acceso