Mercoledì sera si presenta ufficialmente nella Svizzera italiana, con un evento online, Zeta Movement, un’associazione attiva dal 2019 in tutta la Svizzera nell’ambito del disagio giovanile, un fenomeno in preoccupante crescita in tutto il Paese negli ultimi due anni a causa della pandemia.
Abbiamo incontrato Emma Broggini, Sofia Nicoli, Sara Dos Reis e lo psichiatra e psicoterapeuta Michele Mattia e ci hanno parlato del loro approccio, che è assolutamente innovativo: Zeta Movement è un'associazione fondata da giovani per i giovani, che mira ad interrompere il ciclo di stigmatizzazione e silenzio legati ai problemi di salute mentale andando direttamente in classe, parlando con i ragazzi e cercando di farli uscire allo scoperto e chiedere aiuto.
"Il nostro sogno - ci raccontano - è quello di creare una comunità inclusiva e aperta di ambasciatori e membri che si sentano degni e orgogliosi di far parte del movimento e che possano lavorare insieme per aumentare la consapevolezza e ridurre lo stigma". E visti i numeri del fenomeno, di questo sogno c’era davvero bisogno.
UNICEF: un adolescente su 7 ha disturbo mentale
Più di un adolescente su 7 tra i 10 e i 19 anni convive con un disturbo mentale diagnosticato e tra questi 89 milioni sono ragazzi e 77 milioni ragazze. Un disagio che a volte può diventare insopportabile e che porta quasi 46'000 adolescenti ogni anno a togliersi la vita ogni anno, più di uno ogni 11 minuti. A lanciare l'allarme è l'UNICEF attraverso il rapporto "La Condizione dell'infanzia nel mondo - Nella mia mente: promuovere, tutelare e sostenere la salute mentale dei bambini e dei giovani", presentato oggi.
L'ansia e la depressione rappresentano il 40% dei disturbi mentali diagnosticati e i tassi in percentuale sono più alti in Medio Oriente e Nord Africa, in Nord America e in Europa Occidentale. In alcuni casi il disagio mentale è tale che da lasciare i giovani con la sensazione di non avere una via di uscita. E così il suicidio è, nel mondo, una fra le prime cinque cause di morte fra i 15 e i 19 anni ma in Europa occidentale diventa la seconda, con 4 casi su 100'000, dopo gli incidenti stradali.
Svizzera: da Zurigo numeri allarmanti
Secondo lo psicologo Markus Landolt del Kinderspital di Zurigo il numero di ricoveri di bambini e adolescenti con disturbi psicosomatici è aumentato significativamente durante la seconda ondata della pandemia. I casi nel periodo dallo scorso novembre a questo marzo sono stati quasi tre volte superiori a quelli dello stesso periodo dell’anno precedente. Si tratta di sintomi per i quali non si possono trovare cause fisiche.
Sono saliti pure i casi di ragazzini affetti da disordini alimentari: il numero di ricoveri nella seconda metà del 2020 è più che raddoppiato rispetto all’anno precedente, da 21 a 45.
Inoltre al pronto soccorso del Kinderspital l’anno scorso sono giunti più del doppio di bambini e adolescenti che hanno tentato il suicidio rispetto al 2019. Secondo il responsabile degli psicologi della clinica pediatrica la causa è principalmente la pandemia di coronavirus. Non ci sono ancora dati scientifici che lo dimostrino, precisa Landolt in un’intervista pubblicata dalla NZZ am Sonntag. Ma la connessione è altamente probabile. Nel 2020, 49 bambini o adolescenti sono stati ricoverati al pronto soccorso dopo tentativi di suicidio, rispetto ai 22 dell’anno precedente.
E per l’anno in corso le cose non sembrano andare meglio, secondo Landolt: 21 tra adolescenti e bambini sono già stati ricoverati dopo tentativi di suicidio, quasi quanti in tutto il 2019. Si sta arrivando a un punto critico per il medico zurighese.
Giovani e suicidio, il caso dell'ospedale San Paolo di Milano
Telegiornale 05.10.2021, 22:00
Italia: Milano, la scuola, i suicidi
Dal suo piccolo studio al settimo piano dell’ospedale San Paolo, dove dirige il reparto di neuropsichiatria infantile, il dottor Alessandro Albizzati guarda Milano.
Nella capitale lombarda sta accadendo qualcosa, sottotraccia: il disagio giovanile determinato dalle conseguenze della pandemia si sta insinuando in maniera sempre più profonda nel tessuto di una città conosciuta per la sua produttività e il suo dinamismo.
A metà settembre la notizia di alcuni suicidi tentati o riusciti il primo giorno di scuola aveva catturato l’attenzione dei media, ma è da tempo che questo fenomeno cresce e la prova – ci dice Albizzati - è che il suo reparto – l'unico che serve Milano e il suo hinterland – non ha più un posto libero da 10 mesi a questa parte.
Oltre alle misure anti-pandemia – che hanno privato i giovani della fondamentale dimensione relazionale – c'è anche la vocazione meneghina al primato della performance, a partire dall’ambito scolastico. Elementi che stanno acuendo il disagio e ponendo sfide inedite agli operatori, come è emerso dalla visita del telegiornale all’ospedale San Paolo.