"Umanamente è stata un’esperienza difficile, ma ogni salvataggio compiuto copre degli sforzi che abbiamo fatto", racconta alla RSI Giuseppe Privitera, capo squadra salvataggio SRM Search Rescue Medical CH, di ritorno dopo una settimana di ricerche ad Hatay, una regione della Turchia devastata dal terremoto.
Nel bilancio della Catena svizzera di salvataggio che ha impegnato una novantina di soccorritori, ci sono le undici persone, cui due bambini, uno di 6 e l’altro di 3 mesi, estratte vive dalle macerie. Giuseppe Privitera è uno dei tre ticinesi partiti da Zurigo lo scorso 6 febbraio, a circa quindici ore dal tremendo sisma che ha causato migliaia di morti, 41'000 quelli accertati quando resta ancora molto da scavare.
Più di 8'000 invece le persone che hanno potuto essere salvate grazie alle squadre di salvataggio giunte dal tutto il mondo. I soccorritori svizzeri sono stati impiegati nel sud-est della Turchia. “Non appena arrivato il mio team è stato inviato alla base operativa per montare il campo per essere autonomi logisticamente. L’altra squadra è partita invece immediatamente per le azioni di ricerca e salvataggio”, dice il capo squadra ticinese.
I due team avevano turni di 12 ore, quando una squadra riposava l’altra operava sul terreno: “Siamo così operativi 24 ore su 24, perciò le azioni di salvataggio si svolgono anche la notte”. Ogni squadra è formata da 25 persone, per la ricerca sono impiegati 4 cani e una camera telescopica di supporto tecnico. “All’inizio il cane ci dà la direzione. Dopodiché con i soccorritori apriamo una via, che viene sempre confermata con il cane”, spiega il capo squadra.
"Quando il mio team ha estratto vivo il neonato di tre mesi è stato il momento più bello”, ricorda Privitera con la voce ancora emozionata. “Si avvertiva in ogni persona del team, e anche nei cani della REDOG, la gioia, la motivazione e la spinta ottenute dopo il salvataggio. È stato davvero impressionante”.
Ora la fase di soccorso e d’urgenza è terminata e da parte degli Affari esteri svizzeri è già partita quella dell’aiuto umanitario. Al momento del rientro, conclude il soccorritore, la sensazione è stata quella di “aver fatto il nostro dovere. Ora ci stiamo riposando e ne approfitto per passare le giornate con mio figlio, che è la terapia migliore”.
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Telegiornale 15.02.2023, 20:00