Oltre 90 fascicoli aperti dalla procura ticinese per far luce su presunti abusi nell’erogazione di crediti covid per circa 20 milioni di franchi e una ventina di persone finite in manette: sono alcuni dei dati forniti oggi, giovedì, durante una conferenza stampa congiunta di ministero pubblico e polizia cantonale, durante la quale è stato evidenziato come la criminalità economico-finanziaria resti una piaga in un cantone dove gli illeciti nel periodo della pandemia sono aumentati.
Criminalità economico-finanziaria
Il Quotidiano 12.05.2022, 21:00
Nel dettaglio, finora in merito alle cosiddette truffe dei crediti Covid (crediti dei quali lo Stato si è fatto garante nei confronti delle aziende che hanno dovuto ricorrere a prestiti per sopravvivere alla pandemia, ndr.) la procura ha aperto oltre 90 incarti; l’ammontare dei crediti oggetto di accertamenti – si legge in un comunicato – “è salito a 18 milioni di franchi”, mentre gli importi sequestrati o già restituiti agli istituti di credito ammontano a circa 3,6 milioni. Le persone indagate in quest’ambito sono più di 140 e di queste 24 sono sottoposte a carcerazione preventiva.
Il profilo di chi commette i reati
A commettere questo genere di reato, spiega ai microfoni della RSI il sostituto procuratore generale Andrea Balerna, responsabile della sezione reati economici, sono "imprenditori di qualsiasi tipo che confrontati con la facilità di ottenere indebitamente dei soldi si sono lasciati tentare e lo hanno fatto. Ci sono anche, ma in numero minore, persone che sono intervenute sul mercato acquistando delle società esattamente a questo scopo”.
Il sostituto procuratore generale Andrea Balerna, responsabile della sezione reati economici.
Focus sul lavoro ridotto
Inoltre, nel radar degli inquirenti sono finte anche le aziende che hanno fornito cifre non veritiere riguardo le ore di lavoro perse a seguito della crisi pandemica. A fronte di una massa di più di 900 milioni di franchi erogati in quest’ambito in Ticino, continua la nota, “sono state sinora oltre 70 le segnalazioni di presunte irregolarità giunte al Ministero pubblico”.
I reati di questo genere sono “in grado di alterare il mercato e provocare ingenti danni diretti o indiretti alle istituzioni e alla collettività – si legge ancora nel comunicato congiunto. Questa consapevolezza “ha spinto le autorità di perseguimento penale a ulteriormente stringere le maglie della rete, sviluppando misure di contrasto ad ampio raggio” e “concretizzando un fruttuoso dialogo con le varie unità dell’amministrazione pubblica per migliorare il monitoraggio e implementare possibili forme di segnalazione”.
Il sequestro di beni patrimoniali come deterrente
Durante la conferenza stampa odierna è stato anche posto l’accento sugli abusi societari (per esempio: fallimenti pilotati con l’occultamento degli attivi societari e l’erogazione di prestazioni non dovute). Reati contro i quali è necessario perfezionare i mezzi di contrasto a disposizione, stimolare ulteriori misure di monitoraggio, puntare maggiormente sul sequestro di valori patrimoniali e infine alimentare lo spirito critico verso una criminalità sommersa. Tutto ciò, “nella consapevolezza che il principale deterrente alla commissione di reati in campo economico-finanziario resta proprio il rischio di essere scoperti, identificati, perseguiti e privati di beni patrimoniali a seguito della loro confisca”.