Ticino e Grigioni

La filiera della lana nell’arco alpino

Grazie al progetto Interreg Alpine Space Alp Textyles, che coinvolge vari paesi europei, è stato possibile mappare cosa resta del settore anche in Svizzera

  • Ieri, 18:54
  • 2 ore fa
456655518_highres.jpg
Di: Sds/RSI Info

A livello globale si producono all’anno 113 milioni di tonnellate di fibre, che per il 72% sono sintetiche. Quelle di origine animale – in particolare la lana – non raggiungono l’1%. Altro dato: nemmeno la metà della lana prodotta globalmente viene lavorata.

Sono cifre sorprendenti quelle presentate alla semestrale dei 12 partners del progetto Interreg Alpine Space Alp Textyles, che mira a ricostruire e a valorizzare la filiera della lana nell’arco alpino. Un tempo tosatura, cernita, lavaggio, asciugatura, cardatura, pettinatura e filatura erano processi praticati su ampia scala in tutto il territorio alpino. Oggi di queste attività tradizionali restano pochissimi esempi e anche questi rischiano fortemente di scomparire, come la Tessitura Valposchiavo, una delle ultime tessiture artigianali professionali in Svizzera con la Tessanda in Val Monastero.

“Per la prima volta abbiamo analizzato nella regione alpina la filiera della lana e abbiamo notato ovunque un calo delle aziende agricole – dice Markus Lambracht della Friedrich Alexander Universität di Erlangen-Norimberga –. In Europa la lana viene venduta a 20 centesimi ma per coprire i costi il pastore dovrebbero ricevere almeno 2 euro al chilo. Le singole reti stanno cercando di aumentare il prezzo che negli ultimi anni è precipitato perché gli allevatori non possono sostenere oltre questa situazione”.

La lana: da risorsa a rifiuto

I pastori in effetti oltre a pagare la tosatura che in Svizzera si aggira intorno ai cinque franchi a capo devono farsi carico pure dei costi di smaltimento. La lana quindi da risorsa è diventata un rifiuto speciale.

A livello di arco alpino la lana lavorata arriva per il 68% dal Sud America e dall’Australia, per il 24% dall’Europa e solo in piccolissima parte è autoctona. Dati che spesso il consumatore ignora.

“Parliamo tanto di circolarità e di sistemi ecosostenibili – spiega Cassiano Luminati direttore del Polo Poschiavo, capofila del progetto Interreg – ma poi abbiamo una risorsa che è qui davanti al nostro naso e che lasciamo perdere così non solamente per il tessile ma anche per altri scopi, quindi l’edilizia che già comunque è un tema su cui si lavora, oppure sull’utilizzo a livello di agricoltura quindi come fertilizzante ci sono tantissime innovazioni anche in questo campo, però l’elemento tessile è quello di maggior valorizzazione della materi prima”.  

SEIDISERA del 06.07.24, il servizio di Antonia Marsetti

RSI Info 06.07.2024, 18:46

Sotto il mantello della “Transumanza culturale”

 Si chiama “Transumanza culturale” ed è stato organizzato per la prima volta in Lombardia, ma l’intenzione è di rendere questa giornata che si è svolta l’11 maggio scorso in Val Camonica un veneto transnazionale, come spiega alla RSI Agostina Lavagnino di Regione Lombardia: “Abbiamo percorso un tratto della valle arrivando in alpeggio insieme ai pastori e al gregge. Abbiamo parlato della filiera con ospiti nazionali e internazionali per individuare le buone pratiche necessarie perché questa filiera venga recuperata per arrivare a creare anche nuovi prodotti con il coinvolgimento delle comunità locali”.

È indispensabile partire dal territorio: già esistono molte piccole realtà disseminate nelle vallate alpine e spesso non sono in rete tra di loro. Per Patrizia Maggia, presidente agenzie lane d’Italia, è di fondamentale importanza “dare vita a una microeconomia nei contesti rurali, quindi la nascita, il sostegno alle aziende che ancora lavorano le lane locali”.

E l’industria del tessile come vede la filiera della lana sull’arco alpino? Lo abbiamo chiesto a Felice Piacenza della Fratelli Piacenza, importante realtà biellese attiva già dal 1733, invitato a Poschiavo da Alp Textyles: “Queste realtà sono da tutelare e da aiutare e l’industria non si deve voltare dall’altra parte, ma aiutare. Anche dal punto di vista delle certificazioni, che oggi il mercato ci richiede”.

Remunerato il lavoro del pastore, riattivata la filiera, coinvolta la comunità alpina, resta da capire come il consumatore possa riavvicinarsi a un prodotto che ovviamente non sarà mai competitivo se si considera solo il prezzo.

Diego Rinallo, docente di marketing, ritiene che “la politica deve intervenire perché non si può buttare sulle spalle del consumatore tutto il prezzo della sostenibilità, della circolarità e dell’eticità. Occorrono politiche come se ne stanno studiando in questo momento in Francia, che penalizzino i produttori con filiere poco etiche ad esempio imponendo un malus ai prezzi in modo tale che i prodotti locali risultino di fatto più convenienti”.                          

SEIDISERA del 06.07.24, la scheda di Antonia Marsetti

RSI Info 06.07.2024, 18:47

Correlati

Ti potrebbe interessare