Le pensioni dei consiglieri di Stato è tra gli argomenti che hanno fatto più discutere la politica cantonale, prima che si scatenasse la pandemia da Covid-19. Sono regolate da una normativa che risale a oltre mezzo secolo fa e che non prevede l'assoggettamento dei cinque membri del Governo a nessun ente previdenziale. Ma forse già a breve non sarà più così e anche i “ministri” ticinesi saranno assoggettati.
Durante gli anni tale sistema è stato oggetto di critiche e più volte si è tentato di riformarlo, ma senza riuscire nell’intento. Fino a oggi, visto che i partiti sembrano essere giunti a una svolta. Negli scorsi mesi la sottocommissione parlamentare incaricata del dossier pensioni ha infatti raggiunto una posizione condivisa, con un accordo che convince i rappresentanti delle sei formazioni politiche schierate in Gran Consiglio.
Perciò entro la fine dell’estate tale convergenza sarà concretizzata in un rapporto che andrà sottoposto alla Commissione della gestione, ai partiti e infine al Parlamento ticinese. Il punto cardine consiste appunto nel fatto che i consiglieri di Stato sarebbero assoggettati – nello specifico – all'Istituto di previdenza del Canton Ticino, come per altro deciso ma mai applicato dal Gran Consiglio nel 2015.
Verserebbero perciò a loro volta i contributi, mettendo fine a un sistema che prevede un regime speciale e legato a vitalizi. Inoltre, sarebbe regolata (nel contempo) la questione dei rimborsi, che fece parecchio discutere nellla scorsa legislatura insieme a quella delle "cosiddette" buonuscite, alla fine dell’impegno profuso nella stanza dei bottoni.
Riforma pensioni Consiglieri di Stato
Il Quotidiano 22.07.2020, 21:30