Proseguono le proteste degli agricoltori in gran parte dei Paesi europei contro le regole giudicate troppo stringenti in ambito agricolo. Misure a favore del clima che, secondo i contadini, danneggerebbero sia i produttori sia i consumatori. Martedì però è arrivata - a livello europeo - una prima vittoria per i contadini, che non dovranno più dimezzare l’utilizzo di pesticidi entro il 2030. Non è il primo caso di vittoria in ambito di pesticidi, che è fra i temi più delicati in materia agricola.
Anche in Francia la rivolta dei trattori ha avuto un esito positivo per gli agricoltori: il 1° febbraio il governo francese ha messo “in pausa” il piano Ecophyto - lanciato nel 2008 - che intendeva diminuire l’uso dei pesticidi nei campi. Per il primo ministro francese Gabriel Attal non si è trattato di un abbandono del piano, bensì di una revisione. Ma per le ONG ambientaliste è stato un segnale disastroso. Anche il mondo scientifico ha criticato le scelte prese dal governo francese, affermando che queste vanno in senso contrario alla protezione della salute e alla salvaguardia della biodiversità.
L’inversione di marcia dell’UE sui pesticidi ha creato un forte scontento tra gli ambientalisti. Segno che lo scontro tra ecologisti e mondo agricolo continua. Per gli agricoltori i prodotti fitosanitari - o pesticidi - sono essenziali nella riduzione di patogeni e di conseguenza garantiscono una maggiore resa agricola.
Ma la transizione ecologica “è inevitabile”
Ora le decisioni prese dal governo francese e dall’UE sembrano andare contro gli obiettivi di una transizione ecologica. Secondo Alain Gaume - ricercatore presso Agroscope, l’Istituto federale per la ricerca agricola e responsabile del dipartimento della protezione delle piante - questa transizione sarà comunque inevitabile: “La transizione obbligatoria si basa sulle conoscenze scientifiche che evidenziano la pericolosità di alcuni prodotti utilizzati in agricoltura, ma questo avviene anche in altri settori”.
L’esperto aggiunge che “Von der Leyen non sta mettendo in discussione il Green Deal, non sta mettendo in discussione la questione dei pesticidi, ma da un lato lo ha fatto. Ha proposto di respingere il regolamento sull’uso sostenibile dei pesticidi. È interessante, ha anche detto che la questione dei pesticidi resta problematica, soprattutto in termini di impronta di carbonio. La produzione, il trasporto e l’applicazione dei pesticidi sono tutti fattori negativi in termini di impronta di carbonio, quindi c’è ancora una lunga strada da percorrere. La questione dei pesticidi e della riduzione del loro impatto in agricoltura in Europa è tutt’altro che conclusa”.
Misure rimandate
Con queste decisioni gli obiettivi in merito alla transizione ecologica non cambiano, dunque. “Lo slancio del Green Deal e le misure che verranno adottate nei prossimi anni non cambieranno. Si tratta di tendenze globali, anche se ci sono misure che, a causa di alcune pressioni, non vengono abolite, ma solo rimandate. Forse dobbiamo essere più abili e forse questa volta dobbiamo sostenere gli agricoltori nell’attuazione di queste misure. Dobbiamo fornire un sostegno finanziario, un sostegno che tenga conto di tutti gli aspetti produttivi e che distribuisca il peso di questi costi non solo su all’agricoltore, ma su tutta la filiera”.
Ma quali altre alternative ci sono? Gli agricoltori ora hanno ricevuto una risposta tempestiva, ma la transizione è comunque inevitabile. Quindi gli agricoltori non hanno vinto. “Hanno vinto e hanno perso. Hanno vinto perché hanno guadagnato tempo. Ma non direi che hanno vinto, perché di fatto sono le vittime. Anche in Svizzera, e ancor più che in Europa, agli agricoltori viene chiesto di mettere in atto alternative ai prodotti fitosanitari. La differenza è che in Svizzera c’è un sostegno finanziario sotto forma di pagamenti diretti. Non è così in Francia. La Commissione europea prevedeva di finanziare parte di questa transizione attraverso la Politica Agricola Comune (PAC). Ma questo articolo (n. 43) è stato cancellato. Ciò solleva la questione delle risorse che saranno impegnate per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei pesticidi e anche della coerenza tra le varie norme e politiche agricole europee. E questa era l’idea del testo respinto ieri”.
A livello svizzero la situazione degli agricoltori è decisamente diversa rispetto a quella francese. “In Svizzera abbiamo un sistema in cui la produzione è sostenuta finanziariamente dallo Stato, ma l’agricoltore deve seguire una serie di criteri e in genere non può usare determinati pesticidi o prodotti chimici, che sono regolamentati in termini di quantità e di applicazione. Esistono anche delle etichette. L’etichetta biologica, ad esempio, impone ai produttori di utilizzare determinati prodotti fitosanitari e non altri. Non c’è stato alcun sostegno da parte della Commissione europea, anche finanziario, per aiutare questa transizione. C’è quindi una vera e propria aberrazione, un’incoerenza di approccio. Ed è per questo che ho detto che l’agricoltore è stato una vittima, perché non ha avuto questo sostegno finanziario”.
Tra costi e nuove tecnologie
Il malcontento da parte degli ambientalisti c’è e si sente, come ci conferma Francesco Maggi, responsabile del WWF della Svizzera italiana. E mette l’accento sul fatto che alcuni prodotti siano molto nocivi per l’ambiente e causino la moria di insetti e di intere categorie di animali, ragion per cui anche gli agricoltori dovrebbero adeguarsi. “Bisognerebbe anche essere capaci di dire no, questi prodotti non possiamo più utilizzarli, perché sono dannosi e non sono neanche nei nostri interessi, perché ci sono settori dell’agricoltura che vivono grazie agli impollinatori e se muoiono, insetti (api comprese), può capire che si creano problemi” spiega, menzionando anche i danni alla salute dei consumatori.
D’altro canto, Sem Genini, segretario dell’Unione contadini ticinesi, ribatte che i pesticidi non sono certo incentivati dal mondo agricolo. “Un contadino fa di tutto per poter salvare il proprio raccolto ed è dipendente al 100% da quanto gli propone la ricerca agricola. Un agricoltore non vuole usare pesticidi, sono molto costosi e quindi fa il possibile per utilizzarne il meno possibile. Però non sempre può, perché deve comunque proteggere il proprio raccolto. Se si trovassero delle alternative, altrettanto buone, che permetterebbero di salvaguardare il raccolto, si utilizzerebbero queste. Però al momento non ci sono e bisogna spendere diversi soldi per utilizzare questi prodotti fitosanitari”.
Il responsabile del WWF, Maggi, su questo punto si trova d’accordo. Sostiene che chi legifera debba considerare anche la realtà agricola e i suoi costi e trovare soluzioni, perché già oggi, afferma, è possibile praticare l’agricoltura senza pesticidi. “Ci sono tecnologie di elettro-diserbo che permettono, per esempio, di non utilizzare più diserbanti: le erbacce vengono combattute con le scariche elettriche. Ci sono tutta una serie di tecnologie che possono essere sviluppate e che vanno incontro alle esigenze degli agricoltori, che permettono loro di non utilizzare questi prodotti, di continuare a produrre e a costi sostenibili”.
Maggi è convinto che un punto d’incontro si possa trovare agendo a livello di pratiche agricole e di innovazione tecnologica. Dal suo punto di vista, qualsiasi passo indietro è preoccupante. “Il fatto che von der Leyen ritiri questo decreto o progetto di legge per la riduzione di pesticidi è, forse, un passo per riuscire a instaurare un dialogo e mi auguro che seguirà comunque presto una nuova proposta che soddisfi un po’ le varie parti, ma che rimetta il treno sui giusti binari. Perché se questo ritiro significa uno stop, un rimanere allo status quo, assolutamente sarei molto preoccupato di questa situazione”.
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