"Michele Egli è colpevole di assassinio e deve essere condannato a una pena detentiva a vita". Lo ha sostenuto giovedì dalla procuratrice pubblica Pamela Pedretti al termine della sua requisitoria nei confronti dell’ex informatico della SUPSI a processo alle Assise criminali per aver ucciso la cognata Nadia Arcudi, la sera del 14 ottobre del 2016 a Stabio, nella casa in cui la donna viveva con la madre.
“L’imputato ha agito con una lucidità mentale e una freddezza che mettono i brividi”, ha affermato la procuratrice. Dai dati raccolti dal suo braccialetto Fitbit per il monitoraggio del battito cardiaco, ha aggiunto la procuratrice, è emerso che durante l’omicidio il battito del 43enne non ha subito variazione, e neppure prima, quando la cognata lo avrebbe aggredito verbalmente.
L’accusa ha inoltre ricordato come l’uomo abbia tentato di depistare le ricerche di Nadia, mandando messaggi e email dal telefonino e dall’account di posta elettronica della donna per fingere che fosse ancora in vita.
"Ha portato avanti il suo teatrino"
Secondo la procuratrice, non è quindi vero che l’imputato dopo il delitto ha chiuso i suoi sentimenti in un cassetto – come l’uomo ha più volte dichiarato – ma ha invece “portato avanti il suo teatrino”.
Michele Egli ha ascoltato la requisitoria a testa bassa, le braccia incrociate.
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