Ticino e Grigioni

Telelavoro: la Regio Insubrica vuole l’accordo

La Comunità di Lavoro transfrontaliera chiede che Roma e Berna rinnovino l’intesa stabilita durante la pandemia

  • 10 gennaio 2023, 07:30
  • 20 novembre, 12:11
02:00

RG delle 07.00 del 09.01.2023 l servizio di John Robbiani

RSI Info 10.01.2023, 06:53

  • Keystone
Di: John Robbiani 

Anche la Regio Insubrica chiede a Berna e a Roma di ripristinare l'accordo amichevole italo-svizzero, concluso durante la pandemia, che regolava l'imposizione fiscale dei frontalieri durante le giornate di telelavoro. Un accordo – che andrà a cadere il primo febbraio – disdetto dall’Italia e che permetteva ai frontalieri di sottostare al regime fiscale elvetico anche nei periodi in cui lavoravano in remoto, da casa, in Italia.

Ancora non si può dire se Roma deciderà di riattivare l'accordo. Ma la presa di posizione della Regio Insubrica potrebbe avere un peso piuttosto importante sulle decisioni che ora dovrà prendere il Governo italiano. Questo perché quest’anno la presidenza della Regio Insubrica è guidata dalla Regione Lombardia (dall’assessore Massimo Sertori).

A Roma se ne discuterà presto

Il tema finirà comunque nei prossimi giorni sul tavolo del ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti. “È chiaro – ha spiegato alla RSI Silvana Snider, consigliera del ministro Giorgetti per le questioni di frontiera - che tutte le esigenze che in questo momento provengono dal territorio vengono ancor più vagliate dal Ministero delle Finanze, dove siede tra l’altro un ministro (Giorgetti, ndr) che conosce molto bene il territorio essendo della zona di Varese. In più c’è l’aspetto riguardante la Regione Lombardia, che fa sapere attraverso la Regio Insubrica che questa problematica è molto sentita. Pertanto la si discuterà sicuramente”. E la si discuterà nell’ambito della discussione sulla ratifica del più ampio accordo sui frontalieri

Un tema che unisce padronato e sindacati

La disdetta dell'accordo da parte italiana rischia di creare - per i frontalieri - difficoltà burocratiche. Questo perché a partire dal primo febbraio, nei giorni in cui lavoreranno da casa in Italia, saranno soggetti alla tassazione italiana. Anche per questo ieri l’Associazione industrie ticinesi, la Camera di commercio e i sindacati OCST e UNIA hanno scritto alla Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali chiedendo di attivarsi con l'Italia per ripristinare l'accordo.

Le mosse del Consiglio di Stato

Su questo tema il Consiglio di Stato ticinese aveva già scritto a Berna il 30 novembre, chiedendo di prendere contatto con il Governo italiano e tentare di prolungare l’accordo. La Svizzera, in linea generale, sembra propensa a voler trovare una soluzione. Anche perché, paradossalmente, le ripercussioni potrebbero essere più grandi in Italia. “Per i frontalieri – ci ha spiegato Giordano Macchi, direttore della Divisione delle Contribuzioni del Canton Ticino – senza l’accordo ci sarebbero problemi burocratici e amministrativi molto gravi. Ci sarebbero anche rischi per le imprese ticinesi, ma ci sarebbe anche un danno economico per i Comuni italiani di frontiera”.

I rischi per i Comuni italiani di confine

Questo perché, spiega Macchi, non considerando frontalieri le persone impegnate in telelavoro, da parte Svizzera (in questo caso ticinese) non vi sarebbero neppure più i ristorni. Ristorni che vengono destinati ai Comuni della fascia di confine. “Ci sarebbe un danno piuttosto importante per loro”. Motivo che spinge Macchi a dirsi piuttosto fiducioso in merito a un ripristino dell’accordo. “È necessario che i due Paesi si mettano al tavolo e, come sono riusciti in tempi brevi a trovare soluzioni durante la pandemia, facciano altrettanto nel periodo post-pandemico. Perché la pandemia ha dato una spinta al telelavoro e queste realtà dovrà essere gestita anche dopo la crisi sanitaria”.

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