Il Ticino è con Ginevra il cantone che ha maggiormente risentito degli effetti della libera circolazione delle persone, accordo in vigore ormai da 15 anni. Nel suo rapporto annuale, l'osservatorio federale della Segreteria di Stato dell'economia (SECO) sottolinea le disparità regionali: per quanto riguarda il saldo migratorio, i cantoni lemanici hanno accolto un maggiore numero di stranieri a partire dal 2002, con un tasso di crescita superiore all'1% annuo rispetto alla popolazione residente, mentre Ticino, Grigioni e Vallese, con Zurigo e Zugo, si situano fra lo 0,9 e l'1%.
È in Ticino però che la parte di popolazione proveniente da paesi dell'UE rimane la più alta, con il 18,7%. Il cantone si distingue però rispetto al resto della Confederazione soprattutto per il fenomeno del frontalierato, cresciuto in modo sensibile fino a rappresentare il 28% della forza lavoro complessiva contro una media nazionale del 6,5%. Senza contare le giornate svolte da indipendenti e distaccati, che costituiscono un altro 1,2% (lo 0,7% nell'insieme della Svizzera), scondo i dati della SECO.
Quasi due terzi dell'aumento dell'occupazione dal 2012 sono dovuti alla crescita dei frontalieri e la SECO evidenzia pure la differenza dei salari: tra il 2002 e il 2014 in Ticino sono cresciuti dall'1% in media (in altre regioni di più) ma la paga di chi attraversa il confine per lavorare è inferiore del 25,6% a quella dei residenti (lo scarto maggiore in tutto il paese) con pressione anche sulle retribuzioni della manodopera indigena.
pon
Dal Quotidiano:
Dal TG 12:30: