“Se fosse stato un altro prodotto - come vestiti o orologi - sicuramente sarebbe stato distrutto senza problemi”. Così Andrea Conconi, direttore di Ticinowine, commenta la decisione odierna della Corte delle assise criminali di Lugano di mettere all'asta il vino dal marchio contraffatto. Spacciato per un prodotto di alta qualità, veniva venduto un po’ in tutta la Svizzera e in Italia, rendendo ai cinque imputati un guadagno di un milione e mezzo di franchi in un paio d'anni. Fino al 2018, quando la vicenda venne alla luce.
Trattandosi di un genere alimentare, si è deciso evitare un inutile spreco. Conconi capisce , ma insiste: “Resta pur sempre un vino che è stato fatto per essere contraffatto con un’etichetta”. Sullo sfondo vi è poi anche un problema economico: le bottiglie dovranno essere stappate, sarà necessario rimuovere l’etichetta, smaltire il vetro e tutto quello che segue la normale filiera di produzione. “Se dipendesse da me non offrirei più di 10 centesimi a bottiglia”.
“Il lavoro che attende l'acquirente, sinceramente è tanto. Soprattutto perché non si sa come lo si potrà poi rivendere”. Che etichetta e denominazione spetteranno infatti al vino in questione?
Inoltre ci si interroga sul’impatto che l’asta avrà nel mercato locale. Si parla infatti di 30'000 bottiglie "che andranno a fare concorrenza molto sleale ai nostri vini ticinesi”.
Infine, per Conconi l'operazione manca di trasparenza. Sarà infatti probabilmente un grosso rivenditore ad accaparrarsi il lotto. “Lui sa che cosa acquista, ma non è detto che dopo l’imbottigliamento il consumatore finale ne sarà informato”.
Le reazioni del Direttore di Ticinowine
SEIDISERA 23.06.2023, 18:15
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Truffa del vino: condannati in 4
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