La chiave del successo, anche militare, dei talebani risiede nella loro ricchezza. Il gruppo gestisce infatti una cifra d'affari che supera il miliardo e mezzo di dollari l'anno e si tratta di denaro di varia provenienza. I nuovi signori di Kabul hanno imposto un sistema fiscale parallelo, ricevono soldi da sostenitori esteri e gestiscono le materie prime come oro, litio e pietre preziose. Ma la maggior parte dei loro soldi proviene da attività illegali. Prima fra tutte il traffico di stupefacenti.
Vengono associati alle scuole coraniche, al burka, alla proibizione di bere alcol, al rigore e a un moralismo estremo. Ma la verità è che oggi i talebani sono dei veri e propri narcotrafficanti. La coltivazione di papaveri in Afghanistan era stata da loro ufficialmente proibita quando erano ancora al Governo, nel 2001; erano riconosciuti da tre Paesi soltanto e speravano che questo gesto di buona volontà avrebbe messo fine al loro isolamento internazionale. Non ha funzionato. Un anno dopo, a seguito degli attentati dell'11 settembre, perdevano il potere e il Paese veniva occupato dall’esercito USA. È stato in quel momento che tutto è cambiato.
I talebani si sono presentati ai coltivatori non più come i custodi dei principi dell'Islam, ma come i difensori dagli invasori stranieri che bombardavano campi e laboratori. Hanno iniziato tassando i produttori, ma si sono presto messi a gestire coltivazioni, raffinerie e distribuzione. Hanno insomma costruito un impero che ha garantito loro molti fedeli e importanti alleanze, ma soprattutto moltissimo denaro.
La produzione di oppio oggi rappresenta tra il 20 e il 30% del PIL afghano. E i derivati dell'oppio talebano finiscono dappertutto. In Sudafrica, Giappone, Filippine, nelle mani della mafia italiana, dei cartelli russi e statunitensi. In tutto il mondo fuorché in Messico e Cina.
E non si parla solo di vie criminali. Viene acquistata anche dall'industria farmaceutica che per produrre anestetici e antidolorifici si rivolge a rivenditori autorizzati per lo più indiani… che si riforniscono sempre in Afghanistan.
Un circuito insomma che a lungo ha tenuto a galla questa rete estremista e criminale e che ha reso possibile il ritorno lampo di un emirato islamico.