Come vive la guerra in Ucraina la comunità LGBT? Una domanda che riguarda, secondo le statistiche, mezzo milione di persone. La RSI ha raccolto la testimonianza di Dimitriy, un ingegnere di 29 anni, originario di Dnipro (città che da venerdì è di nuovo sotto attacco da parte delle forze armate russe), e che - come tanti - ora si è spostato a Leopoli per motivi di sicurezza.
"Sto vivendo in un appartamento, siamo cinque amici. Lavoro ancora un po' durante la giornata, ma una delle cose che faccio più spesso è andare in farmacia e spedire medicine nel resto dell'Ucraina, perché ormai scarseggiano. Gli anziani, in particolare, hanno bisogno di continuo di farmaci per il cuore, per la pressione. È importante non interrompere il trattamento, perché ne va della loro salute. Mi sono anche impegnato per un'associazione LGBT locale, per aiutare la comunità. A volte ceniamo insieme, è un modo per dimenticarci della guerra, ma all'associazione riceviamo svariate richieste di aiuto. È così: il morale va su è giù, durante tutto il giorno".
Quando si è trasferito a Leopoli, per Dimitriy è stato naturale fare affidamento sulla sua rete di amicizie omosessuali, e dare una mano mettendosi a disposizione di un'associazione.
"Si chiama 'Avante', dal latino, sta per guardare avanti. Quest'associazione LGBT opera da una ventina di anni, ma non era pronta alla guerra. Come volontario raccolgo ed elaboro i dati sui bisogni, sulle richieste d'aiuto. Domande che arrivano da Telegram, dai social network. Per esempio, si tratta di capire quante persone stanno arrivando qui a Leopoli, se serve loro un alloggio, una terapia, un sostegno psicologico. Aggrego queste informazioni, in modo da quantificare i vari tipi di necessità, e poi le trasmetto a chi può trovare le soluzioni".
La solidarietà è forte nella comunità LGBT. Ma dei tanti omosessuali sfollati, relativamente pochi chiedono aiuto direttamente alle associazioni.
"Potrebbero esserci fino a 100'000 persone LGBT bisognose di aiuto, secondo i miei calcoli, ma poche fanno richiesta alle nostre associazioni perché hanno vergogna e paura di chiedere, e così restano sole, e cercano di cavarsela. Il livello di accettazione dell'omosessualità in Ucraina è basso. Spesso nostri genitori sono cresciuti ai tempi dell'Unione Sovietica, o comunque ne hanno ereditato la mentalità. E quindi per molti omosessuali il rapporto con la famiglia è difficile".
Fra le persone LGBT con necessità stringenti, ci sono anche quelle che stanno compiendo una transizione sessuale. Per loro un primo problema è farmacologico: un migliaio, secondo i dati di Dimitriy, sta cercando il modo di continuare la terapia ormonale. E poi c'è l'esercito.
"Gli omosessuali sono chiamati alle armi, come tutti gli altri uomini. Questo succede anche alle persone che hanno avviato, o compiuto, una transizione sessuale: magari hanno svolto anni fa il servizio militare. Ora vengono richiamate in quanto uomini, ma nel frattempo sono diventate donne. Sono situazioni davvero problematiche".
Dunque, anche transessuali e uomini gay vanno a combattere per l’Ucraina. Cittadini come tutti gli altri, quando la Patria chiama. Toccherà a anche a Dimitriy?
"Per adesso no. Ma se ci sarà un'escalation, se la situazione peggiorerà, saremo tutti chiamati a combattere. L'esercito non ci chiederà se siamo gay".