Le autorità italiane a fine agosto hanno arrestato sei pescatori tunisini per aver soccorso 14 migranti a largo di Lampedusa. Per protestare contro questi arresti, un centinaio di persone si sono radunate giovedì davanti all'ambasciata italiana a Tunisi: tra questi c'erano anche alcuni dei migranti soccorsi, che hanno potuto raccontare la loro versione dei fatti.
Durante la traversata in mare, "il motore è andato in panne", racconta il 24enne Moutaz nel reportage audio che pubblichiamo in pagina. "Siamo rimasti li, è passato molto tempo e alla fine abbiamo visto passare una barca di pescatori a cui abbiamo segnalato la nostra posizione. Ci hanno chiesto se volevamo chiamare le autorità tunisine o essere riportati indietro. Abbiamo detto di no, non saremmo mai tornati. Abbiamo chiesto ai pescatori di chiamare le autorità italiane. Ci hanno dato acqua e pane e ci hanno detto di rimanere dove eravamo. Loro si sarebbero messi in contatto con le autorità italiane in modo che queste sarebbero venute a prenderci".
A sinistra nell'immagine Chamseddine Bourassine, uno dei sei pescatori arrestati dalle autorità italiane
Dopo di che, continua a raccontare Moutaz, originario di Zarzis, il peschereccio è andato via, sperando che le autorità italiane sarebbero passate. Così non è stato.
“Si è fatto notte. I quattro ragazzini minorenni che erano con noi si sono spaventati e hanno iniziato a piangere. C’era solo il buio. Nell’imbarcazione è iniziata ad entrare acqua, che noi continuavamo a buttare via. Siamo rimasti cosi finché è ritornata l’imbarcazione. Ci ha detto che non erano riusciti a rintracciare le autorità italiane. E visto che rimanere là sarebbe stato pericoloso, ci ha trainati un po’ avanti verso Lampedusa, in un posto dove il mare era più tranquillo. Se non ci fosse stato lui, ti giuro, saremmo morti".
Manifestazione in Tunisia per chiedere la liberazione dei sei pescatori arrestati dalle autorità italiane - di Patrizia Mancini
RG/SP